Tremonti a Milano in Bocconi ci da dei punti di vista

Tremonti all’Università Bocconi di Milano per darci idee.


Sentire il ministro Tremonti parlare dal vivo e leggere il suo pensiero riportato dalla stampa, cambia tutto.

Non so se il problema sia semplicemente riconducibile a un modo di far giornalismo che non essendo specialistico, sintetizza male il pensiero che dovrebbe riportare, di fatto il problema c’è. Non abbiamo, ad esempio, giornalisti medici che ci commentano correttamente notizie sulla pandemia, come sono rarissimi gli economisti che scrivono sui giornali. Questo è un problema.

A Milano in Bocconi, lunedì 7 settembre c’è stata la possibilità d’ascoltare, per un paio d’ore, tra i più importanti personaggi della cultura economica nazionale. Per il governo il ministro Tremonti, l’opposizione rappresentata dall’On. Letta e la cultura accademica si è incarnata nel Presidente dell’Università, il prof. Monti e nel suo Rettore, prof. Tabellini.
L’occasione, intitolata LEZIONI DALLA CRISI francamente mette già a disagio chi la crisi la studia ogni giorno, in quanto essendo in pieno sviluppo, ci si chiede: siamo già arrivati a pontificare delle lezioni, quando ancora non sappiamo risolverla? Gli interventi da parte degli studiosi, che si sono sviluppati per tutta l’estate sul Sole 24Ore, ora raccolti in un libro, obiettivamente sono dei ragionamenti, senza andare oltre nella pianificazione di una gestione della crisi, quindi tradurre dei pensieri in lezioni, appare una netta forzatura. Non solo, ma assistere ogni giorno a chi afferma che la crisi sia superata, rispetto a chi lo nega, è veramente stancante. 

Per cercare di fare chiarezza è stato opportuno andare a sentire direttamente la fonte, il che si è rivelato un bene.

Nel discorso di benvenuto il prof. Monti ha subito “messo le mani avanti”, chiarendo quanto l’Università non sa e vuole prendere parte nella discussione se la crisi sia finita, superata o in buon punto. L’Ateneo vuole restare terreno di analisi, lasciando le previsioni ai politici e agli economisti. Il Rettore, prof. Tabellini si è voluto portate più avanti, indicando quali cause della crisi in pieno sviluppo 4 fattori:
– assenza di reale regolamentazione finanziaria nazionale e internazionale e comunque troppo protesa al singolo rischio, senza guardare a quello più generale definito sistemico;
– assenza di regolamentazione delle società finanziarie;
– una politica monetaria troppo attenta alla stabilità dei prezzi, incurante del rischio sistemico; 
– eccessi di debiti finanziari nazionali, pagati con altri debiti ad alto rendimento di interessi.

Interviene il Ministro Tremonti spiegando:
a) cosa non è successo;
b) cosa è successo;
c) cos’accadrà. 

Sulla domanda se la crisi sia alle spalle oppure no, il Ministro ha risposto spiegando quanto non è accaduto, ma si è rischiato. A ottobre stava per esserci la rottura del sistema; questo è un dato di fatto che è stato evitato. Che poi la crisi non riservi altri brutti colpi, nessuno può ancora dirlo, ma sicuramente quello che ad oggi, pare il peggiore di tutti, ovvero la chiusura dei mercati, grazie a una pronta sinergia collaborazione, è superato. 
Passando a quello che è accaduto, Tremonti spiega che la crisi deriva direttamente non tanto dal concetto di globalizzazione, ma dalla sua applicazione, che ha comportato il trasferimento all’estero di attività produttive e industriali nello spazio di qualche anno. E’ la velocità di accadimento che ha scardinato l’economia mondiale. Infine cosa accadrà: a differenza della Grande Crisi dove si fece uso della spesa pubblica per rilanciare l’economia, oggi si trasformano in pubblici i debiti privati. Giusto o sbagliato che sia, si è passati, in area OCSE, da un intervento finanziario pubblico di 1,5 trilioni di dollari impiegati in 10 anni a 5 trilioni negli ultimi mesi, per tappare rischi di collasso. Questa procedura porta lo Stato a un rinnovato ruolo in economia.
Passando a spiegare cosa vede nello specifico in Italia, il Ministro osserva 2 Italie non rappresentate dai numeri della statistica. Tremonti dice: i numeri li abbiamo, ma quando scaviamo dentro al dato non troviamo la realtà. La questione meridionale è il vero problema del Paese che va risolta con il federalismo, in quanto gli “interventi a pioggia” non hanno sortito l’effetto. 

Il Ministro conclude con il proposito di riformare il sistema degli ammortizzatori sociali, chiedendo direttamente aiuto all’apposizione per contrarre i tempi di approvazione.
Finalmente sentire dalla viva voce del Ministro il suo pensiero, sgombra dai dubbi di eccessivo e superficiale ottimismo, che gli è stato attribuito e restituisce alla comunità degli imprenditori ed economisti del Paese, una corretta analisi della grave situazione da cui se ne esce solo con rigore e passione quotidiano.

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