The prisoner of Parkinson: nessuno vuole ammetterlo però stiamo ragionando su una malattia di nervi!
The prisoner of Parkinson è l’unica teoria e pratica al mondo, di carattere sociologico, per la cura delle patologie di lunga degenza. Significa che si rivolge al comportamento e non alla farmacologia. L’applicazione concreta non è pagante nelle fasi finali della malattia.
Il presupposto della ricerca, The Prisoner of Parkinson, è che il malato esprime una mente sana in un corpo malato.
Non è finita. Lo studio, noto in Italia come Il prigioniero da Parkinson, considera anche gli effetti modificativi del dolore sul comportamento. Significa che sotto l’effetto del dolore, le persone vorrebbero esprimere gli stessi sentimenti di sempre, ma non ci riescono. Purtroppo è una cosa “bruttissima” voler esprimere qualcosa di cui si riconoscere non esserne più capaci!
Fin qui le premesse concettuali, ora lo studio del caso pratico. Un’impresa ha un’idea nuova sul Parkinson e si presenta in un certo convegno. Sono ovviamente presenti medici e pazienti. Uno di quest’ultimi, non considerato nella fase preparatoria del convegno, specificatamente sulla novità, si lamenta. Il problema, percepito come “grave” dal paziente, assume i seguenti contorni. SE NON MI AVETE CONSIDERATO IN QUESTO VOSTRO LAVORO, ALLORA L’INTERA RICERCA E’ SBAGLIATA. Il soggetto (paziente) rumoreggia durante l’intera presentazione e prosegue a lamentarsi anche successivamente. Ciò che mi ha colpito è la sorpresa di tutti verso questo soggetto.
In realtà non ci dev’essere nessuna novità. Il malato di Parkinson è un malato di nervi! Ecco dove si manifesta la malattia; esattamente in questi comportamenti disordinati d’eterna insofferenza. Per intendersi il paziente di Parkinson è un “incazzato sociale”. Il voler evitare un linguaggio così diretto ha creato troppe-tante incomprensioni.
Gestire, non tanto guarire dal Parkions, (la condanna è definitiva) comporta essere molto schietti. Solo nella più profonda sincerità ed onestà è possibile lanciare una profilassi comportamentale ad personam. The prisoner of Parkinson “veste” un abito comportamentale dal paziente consegnandoli un habitus mentale vivendo meglio.
Arrivare a oltre 90anni è una lotta. Prof Carlini