Storia dell’economia politica serve a colmare una lacuna immensa nello studio della materia economica. Come possiamo analizzare e capire gli eventi macro/micro senza la conoscenza di quanto già accaduto? Il prof. Stefano Zamagni corregge questo errore d’impostazione e affronta il tema. Non a caso la Sua Signora, Vera Zamagni, insegna storia economica all’Università di Bologna.
Come già descritto in altri 3 articoli che precedono questo quarto studio di sintesi al testo “Economia politica”, siamo giunti al Cinquecento.
DAL DECLINO DEL SISTEMA FEUDALE ALLA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE si afferma un periodo noto come mercantilismo (1661-1683) gli anni di J.B. Colbert alle Finanze di Luigi XIV°. Si tratta della prima era del capitalismo. Al mercantilismo succederà il periodo fisiocratico (1644-1774) anni in cui è vissuto F. Quesnay.
Il pensiero mercatilista si contraddistigue per 3 aspetti.
- lo scambio è la fonte della ricchezza, quindi la ricerca di mercati sempre più ampi però da proteggere. Non si tratta affatto di libero scambio! La ricerca è per ampi mercati (imperialismo) da chiudere alla concorrenza straniera;
- la concorrenza abbassa il prezzo quindi i rendimenti;
- a differenza degli studiosi medioevali, per cui il prezzo era stabilito dal mercato, per i mercantilisti è la qualità del prodotto che incide sul prezzo. Si afferma quella sottigliezza che non considera più “merce” il prodotto natruale, ma solo quello lavorato. Ecco che il lavoro rende vendibile un bene!
Per la prima volta nella storia dell’economia politica si afferma che IL LAVORO E’ LA DETERMINANTE PRINCIPALE DEI PREZZI. Su questa riflessione spicca il pensiero di B. Mandeville nel 1714 già a cavallo tra mercantilismo ed era fisiocratica.
Articolo numero 4 della serie