Se la moneta unica, l’euro, si trovasse in un ambiente estraneo?
Se la moneta unica si trovasse in un ambiente non consono alle sue caratteristiche di moneta forte? Mi spiego. L’euro è una divisa come il dollaro. Però la Grecia, l’Italia e tutto il sud d’Europa non regge una divisa del calibro dollaro , alias euro. Non nascondo la mia più profonda ostilità all’ euro.
Nel 1999 scrissi “La dollarizzazione della lira” dove, per spiegarmi, feci un paragone tra il sistema sanguigno e la struttura finanziaria di una nazione. Come noto, la velocità di circolazione del sangue, nel nostro corpo, si misura con la pressione. La moneta, in un sistema economico, è perfettamente paragonabile a ciò che rappresenta un fluido sanguigno nel corpo umano. Nel caso si dovesse immettere in un organismo un liquido estraneo dotato di regole tutte sue e non studiate o adattate al corpo che lo ospita, avremmo, come minimo, problemi di pressione bassa o alta o addirittura di rigetto. Ed è esattamente quanto accaduto nel sistema economico italiano.
In un’economia “che ha funzionato con la lira” è stato immesso, dalla mattina alla sera, una moneta completamente estranea, che compete normalmente con il dollaro USA, ma che non ha nulla di compatibile con il nostro sistema economico.
L’errore di fondo, nell’introduzione dell’ euro nei diversi sistemi nazionali, fu di svuotare un’economia della sua moneta per introdurne un’altra, come se da una bottiglia contenente del latte si versasse senza risciacquo, del vino d’ottima annata, per degustarlo subito dopo. La fretta di ricoprire un ruolo e di trovare argomenti politici, che colmassero un vuoto senza precedenti, (in tal senso il ricordo va a Ciampi, Padoa Schioppa, Prodi) portò quei protagonisti di ieri a spingersi sull’introduzione dell’ euro, dimenticandosi le regole più elementari d’adattamento. In conclusione, l’economia italiana (e non solo) soffre oggi d’alta pressione perché si trova a pagare in dollari (l’ euro è un surrogato della divisa statunitense) quanto guadagna ancora in lire. Ovviamente di pressione alta si muore! e anche in tal senso vanno letti i 30 fallimenti al giorno degli ultimi mesi in Italia perché i nodi strutturali stanno venendo al pettine. Il mercato interno collassa e con esso le imprese che non hanno potuto espandersi all’estero.
I rimedi? Il doppio corso.
La lira come moneta di conto interna e l’ euro per ogni transazione con l’estero. Di conseguenza pagare gli stipendi in lire, nominare i conti correnti nella doppia moneta, prezzare nelle due unità di conto, serve a riportare il fluido dell’economia all’effettivo regime con cui ragiona e si muove l’economia nazionale. Non avviare questa procedura, significa replicare, anche in Italia quanto accadde in Argentina. In quest’ultimo paese per controllare un’inflazione galoppante, si abrogò la divisa locale, il “peso” per adottare il dollaro USA scordandosi che la zecca, ovvero chi conia i dollari sono solo gli Stati Uniti.
La conclusione è nota a tutti.
Il sistema economico argentino collassò per carenza di liquidità (come nel 1929 a Wall Street) A conti fatti la rarefazione della spesa, da parte del consumatore italiano, (spaventato dal costo delle materie prime, generi alimentari, dal mutuo immobiliare etc) ricrea quelle condizioni di ritiro dal mercato della massa monetaria, imponendo una carenza di liquidità che a fatica le banche coprono e che i governi scongiurano creando inflazione nella stampa di moneta sostitutiva di consumi non realizzati.
La Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e la Spagna (ma non scordiamoci l’Italia) sono in queste condizioni. Se la moneta unica si spaccasse definitivamente, tradendo le motivazioni per cui è stata imposta a tutti noi, cambierebbe qualcosa al sistema delle imprese? Per ragionare su conseguenze di questo livello, in effetti siamo tutti in forte difficoltà, perché i mass media non espongono in prima pagina i problemi di fondo della nazione, limitandosi alla mera cronaca. Ad esempio la TV è piena di questioni connesse all’immigrazione e nuove architetture giudiziarie, ma che il tasso di sconto sia stato alzato, ufficializzando il rallentamento definitivo dell’economia europea, diventa una notizia in coda al telegiornale. Poi qualche giorno dopo, spunta una dichiarazione dalla BCE che se nella UE le cose non vanno bene è “colpa” del Giappone e del mondo arabo, ma mai nostra!
Ricordo, tantissimi anni fa, il dott. Teti nel ruolo d’amministratore delegato dell’Agusta, l’azienda che produce elicotteri in provincia di Varese. A quei tempi l’impresa accettava anche sacchi di riso, pur di vendere macchine nel sud est asiatico. L’insegnamento di Teti è ancora oggi valido. Ne consegue che le imprese non si preoccupino della valuta di riferimento, ma della bontà dei loro prodotti, delle idee realizzate e del livello di tecnologia applicato. Il resto s’aggiusta. Buon lavoro.
Made in China? No I can’t buy it. Prof Carlini