Freud come punto di partenza di questo studio che approda al Primo conflitto mondiale.
Nella Vienna del 1913 erano presenti in città, contemporaneamente sia Stalin, che Adolf Hitler e infine Tito (il futuro dittatore della Yugoslavia). Non solo, rispetto a questi personaggi che sono uno scrittore intento nel formare la sua opera, “Marxismo e la questione nazionale”, quindi un pittore fallito che dormiva nel dormitorio pubblico e infine un mantenuto in fuga da ogni donna resa gravida, Sigmund Freud, il padre della psicanalisi era in piena attività.
In tutto questo Freud ha un ruolo centrale cogliendo uno degli aspetti più importanti del concetto di modernità.
Non esiste moderno senza includere distruzione.
Infatti la prima guerra mondiale, la prima dell’era della modernità, ha totalizzato solo come morti quasi 10 milioni. Mai nella storia dell’umanità lo scontro fu condotto oltre le estreme conseguenze, con danni così profondi e diffusi.
Senza il pensiero di Freud non potremmo comprendere la dualità tra progresso e regressione, civiltà e barbarie.
Già Alex di Tocqueville studiò qualcosa di simile, a Londra, osservando il “parto gemellare” dell’epoca industriale: città e povertà che convivono insieme. Allo studio sociologico di Tocqueville, servì però l’integrazione psicoanalitica di Freud per entrare nella sensibilità dell’umano e comprendere come stesse evolvendo (o involvendo) l’uomo.
Sigmund Freud ci apre all’era moderna e la Prima guerra mondiale diventa lo scenario del moderno.