Parkinson & cretineria. Prof Carlini analisi

Parkinson: esserne malati comporta anche essere cretini?

La domanda è legittima perchè quando pubblico le mie ricerche sull’argomento, ho una persona in particolare “ciccio”, che mi invia il suo “pensiero”. La domanda a questo punto, sommando l’impressionante massa di scemi che ho incontrato nella comunità del Parkinson è: c’è una diretta conseguenza e collegamento tra malattia e stupidità?

Ragionandoci sopra e isolando ogni cretino che ho incontrato dal suo contesto e discutendo con diverse persone, si può con serenità giungere a questa affermazione:

LA NUOVA COSCIENZA DEL MALATO DI PARKINSON. Questo è il punto cruciale della teoria sociologica del prigioniero (The Prisoner of Parkinson)

Chi era cretino resta tale (parlo del “ciccio”, ma so esattamente chi sia, avendolo sopportato in Facebook diverse volte, un soggetto che si considera capo clan che sa solo scandalizzarsi) purtroppo questo individuo sta per concludere un’esistenza di miseria e ce ne sono, in particolare, 4 di altri teppisti del genere “a piede libero”, in età avanzata, dove il rammarico è: perchè nato cretino non è riuscito ad evolversi in persona normale? ma questo accade nella vita sociale di ogni giorno, per cui non fa notizia. Tutti abbiamo avuto “un capo” cretino o un amico scemo che è stato letteralmente sopportato. Chiuso l’argomento in forma tombale, non serve perderci altro tempo.

Resta però integra, questa massa di rabbia già studiata, che è fonte di grandi guai, soprattutto nel rapporto DI COPPIA, DOVE IL CONIUGE PRETENDE DAL PARTNER UNA SERIE D’ATTENZIONI ALLE QUALI NON E’ MAI STATO EDUCATO. Si torna alla Teoria del prigioniero da Parkinson, The Prisoner of Parkinson dove quasi mai, chi è affetto dalla malattia, si preoccupa d’educare chi ha vicino alle nuove necessità che sorgono sia per l’avanzamento dell’età, che specificatamente per il morbo (altra parola che non piace alla comunità). Dall’insieme di questi concetti emerge con maggior forza che LA CURA AL PARKINSON, E’ CERTAMENTE NEUROLOGICA, MA IN PARTICOLARE CULTURALE E SOCIOLOGICA. Ecco un nuovo cuore pulsante di riflessione ancora non esplorato, la cui mancanza mina l’intera struttura. In questo periodo sono a conoscenza di molti convegni sulla malattia svolti senza il sociologo, quindi non posso affermare che siano stati completamente del “tempo perso”, ma certamente ridotto al 50% rispetto alla reale efficacia che avrebbero dovuto avere nei confronti della comunità del Parkinson. Ecco un altro punto critico:

Buon lavoro.

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