La Nuova via della seta ovvero il progetto BRI è qui esaminato sotto il profilo degli investimenti e i suoi 6 corridoi. Fine capitolo 3 della tesi di laurea sull’iniziativa politico-commerciale cinese.
A marzo 2019 la stampa italiana e mondiale nota già un ridimensinamento dell‘importo che si dovrebbe investire nella Nuova vita della Seta – BRI scendendo dai 1200 milioni di dollari inizialmente indicati a 1.000
Sul discorso della poca trasparenza della Nuova via della Seta molto si è scritto e tanto si è esposta la stessa Cina restando sul vago nello stesso sito web dedicato all‘evento.
Probabilmente sono gli stessi cinesi ad essere confusi avendo fatto confluire nella BRI anche altre iniziative che ora non sanno più come gestire.
Va ricordato come la BRI sia stata pensata nel solo 2013 e dall‘attuale dittatore e segretario del partito, Xi Jimping. Essendosi questo personaggio auto-eletto a vita, è possibile che la BRI non sopravviva alla sua prossima scomparsa.
Oltre alla vaghezza che emerge dallo stesso sito web dedicato alla BRI, gli americani hanno conteggiato, a settembre 2018, ben 173 progetti finanziati dai cinesi per la Nuova via della Seta da realizzare in 45 paesi dei 126 interessati.
Pregasi apprezzare l‘immagine numero 8 che indica le due diverse vie, d‘acqua e sulla terra ferma della Nuova via della Seta. La foto proviene dal quotidiano italiano, La Repubblica, nell’articolo pubblicato il 13 marzo 2019.
Specificatamente quella che generalmente è definita BRI in realtà si articola su ben 6 corridoi, che sono altre vie commerciali inserite nel contesto del concetto Nuova via della Seta.
Il primo corridoio (immagine 9) è dedicato al Pakistan. Ufficialmente questo tratto di via commerciale è indicato in sigla Cpec.
Il secondo tratto (immagine 10) coinvolge ben tre Stati che sono: Bangladesch, India e Myanmar. La sigla riconducibile a questa via commerciale si indica in Bcimec.
Come terza via commerciale, nell‘ambito della BRI, (immagine 11) c‘è il coinvolgimento di sette Stati che sono: Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan e Uzbechistan. L‘acronimo in questo caso è Ccwaec.
Come quarto percorso commerciale (vedi immagine 12) sono interessati la Cambogia, Laos, Malesia, ancora Myanmar, il Vietnam e la Thailandia. La sigla in codice del corridoio per questi sei Stati è Cicpec.
Il penultimo percorso commerciale riguarda la Russia e la Mongolia (immagine 13) con acronimo Cmrec.
L‘ultimo corridoio commerciale è con l‘Europa, (immagine 14) con acronomi Nelb.
L‘Italia è il primo paese del G7 ad aderire alla richiesta cinese firmando un accordo. In Europa altri paesi lo hanno già fatto, ma sono tutti molto poveri in termini economici e politicamente non significativi.
Il riferimento ai paesi europei che già hanno firmato con la Cina sono: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia.
Sul piano degli investimenti dedicati all‘Italia si parla a livello infrastrutturale di potenziare il porto di Trieste cooperando sul piano dei trasporti quindi il settore energetico e telecomunicazioni.
I cinesi si propongono anche come partner di minoranza su programmi come il TEN-T di cui fa parte il programma di alta velocità ferroviaria, TAV.
C‘è anche, con l‘Italia, uno specifico interesse cinese nel settore elettrico che dovrebbe essere gestito da una società sinica che si chiama State Grid Corporation of China e l‘impresa italiana Terna.
Made in China? No I can’t buy it. Prof Carlini