Non hanno imparato nulla e nulla hanno dimenticato! La frase è storica, l’autore fu il ministro delle finanze del Regno Borbonico,
a) proclamata la Repubblica a Napoli nel gennaio 1799 ebbe vita breve (appena qualche mese). La fiammata che portò alla Repubblica nel Regno delle due Sicilia fu
c) il 27 settembre di quell’anno l’esercito borbonico pose fine anche alla Repubblica romana consentendo al Papa il rientro in città.
Il rientro del Re a Napoli generò la riflessione di Talleyrand; nulla hanno imparato e nulla hanno dimenticato commentando i festeggiamenti dei partenopei al rientro del Re già cacciato pochi mesi prima.
Pensandoci bene l’affermazione è lessicalmente molto bella, ma di dubbia espressività logica.
Non avendo dimenticato nulla, com’è possibile non aver imparato almeno dall’esperienza?
Probabilmente il senso dell’intero ragionamento è proprio qui.
Il commento coglie gente che ricorda tutto, ma non è riuscita a distillare nulla dalla memoria. Tradotto vuol dire che non s’impara niente “vivendo”, ma solo studiando. L’esperienza ha un senso solo se s’innesta sul vissuto e sullo studio, l’assenza del secondo passaggio sterilizza lo spessore del primo. Il pensiero a questo punto si fa acuto e importante e ugualmente non gradito alla massa dei lettori e delle persone. E’ altamente diffusa l’ostilità verso lo studio. Il solo accennare alla necessità di studio continuo, porta le persone a girarsi letteralmente dall’altra parte considerando il loro bisogno formativo assolto dal solo “vivere”.
Addirittura si ritiene che guardare “le figurine” in internet, dove tutto è sintesi, sia ecologicamente corretto e adeguato sul piano culturale. Laddove dovessimo assegnare la dirigenza a intellettuali di questo livello, l’impresa non può che fallire. Infatti i fallimenti sono in ascesa; chissà come mai. La media dei fallimenti negli ultimi anni è nell’ordine delle 6mila – 8mila imprese l’anno.
Renzo De Felice e la sua opera. Prof Carlini