Moda italiana e BRI (Nuova vita della seta). Prof Carlini

la figuraccia del Wall Street Journal dell'11 settembre 2019 dimenticandosi volutamente di celebrare il dramma dell'attacco islamico su suolo americano

Moda italiana come industria e l‘impatto della BRI sulle relazioni commerciali. Capitolo 3 della tesi di laurea.

Moda italiana come prodotto nazionale. La sensibilità italiana verso questo tipo d’industria è nota e grande.

Come per i francesi e gli americani l‘industria degli armamenti non si fa scrupolo della forma di governo a cui vendere, purchè non siano schierati nel campo avverso, altrettanto è per la moda in Italia.

Che la Cina rispetti o no i diritti civili e sia una nazione democratica passa letteralmente „fuori campo“ per gli operatori del settore moda a partità dell‘industria della meccanica, chimica, italiani, francesi e tedeschi.

Su questi aspetti di non civilità del settore produttivo ci sarebbero delle ampie riflessioni da fare. Addirittura anche le lezioni di micro e macroeconomia all‘università, sono incapaci d‘includere gli aspetti socio-politici nei loro approfondimenti.

Noto è il caso dei dazi, comunemente disprezzati dalla dottrina economica e fortemente voluti dalla politica, quella che non può tollerare di perdere voti a causa di un eccesso di disoccupazione e povertà in Patria.

Quando la dottrina economica è incapace di spiegare gli eventi della vita e della storia, si riduce ad essere „cultura incompleta“.

Considerazioni di questo tipo possono apparire a un lettore superficiale e forzatamente orientato politicamente, come inconsistenti e fuori moda; potrebbe anche essere.

Di fatto l‘11 settembre 2019, quindi una data vissuta molto recentemente rispetto a quando questi ragionamenti saranno letti e valutati come tesi di laurea, negli Stati Uniti è accaduto qualcosa di singolare e interessante.

Tutta la stampa e i diversi rappresentanti delle più televisioni hanno celebrato in data 11 settembre gli eventi di 18 anni prima, nel 2001, allorchè gli islamici attaccarono Manhattan a New York abbattendo entrambe le Torri Gemelle provocando oltre 3mila morti.

In senso e volutamente contrario, la testata Wall Stree Journal non ha voluto celebrare l‘evento e tanto meno commentarlo.

La massa di protesta e d‘indignazione ha letteralmente travolto la testata che è dovuta ricorrere al riparo il giorno dopo, il 12 settembre, titolando a tutta pagina le celebrazioni ormai avvenute.

Perchè la redazione di un giornale così importante ha commesso un errore così grande?

L‘insegnamento che si può trarre dagli eventi dell‘11 settembre 2019 a danno del Wall Street Journal, in termini di credibilità e adeguatezza della testata nel narrare e spiegare il mondo, si applicano alla superficialità dell‘insegnamento dell‘economia nelle università.

Non solo, il pezzo forte arriva adesso.

C’è un ridotto spessore di cultura e sensibilità nel mondo degli affari e dell‘industria nel cercare accordi con chiunque, indipendentemente dalle sue credenziali di durata nel tempo, rispetto dei diritti umani e di partecipazione al mondo globalizzato e capitalista.

Con questo senso d‘incompletezza e di vago come superfluo, ci si accinge ad analizzare il comportamento del settore moda italiano nei confronti del mercato cinese.

Mentre in Italia è Milano che vanta il primato della passerella di moda più audace, la corrispondente cinese è la città di Shanghai.

Si prega esaminare l‘immagine numero 8 per meglio focalizzare la localizzazione geografica della città di Shanghai nel territorio cinese. (come ormai noto le mappe sono pubblicate nella versione a carta della tesi)

Milano e Shanghai al momento sono in contatto da 40 anni nell‘interscambio di merci.

Tale coordinamento si rinnova nei diversi eventi fieristici organizzati di volta in volta nei rispettivi Paesi. Così avviene a Milano a settembre di ogni anno per la settimana della moda italiana, evento chiamato in un abuso di lingua straniera, Fashion Week.

Anche i cinesi hanno qualcosa d‘analogo, ma non limitato alla sola moda, bensì all‘intero settore di ricezione turistica dove anche la moda ha il suo spazio. Questo evento è chiamato a Shanghai, Forum d‘investimento e affari, detto anche Investment & Business in Shanghai.

In Shanghai il distretto della moda, a confronto con la Via Montenapoleone milanese si chiama Jing‘An, capace di tenere insieme addirittura 1 milione di persone. Come ordine di grandezza, Milano ha come residenti 1,5 milioni che diventano 3 durante il giorno con l‘afflusso dei pendolari.

Il distretto di Jing‘An, ospitando 6.000 aziende straniere, rappresenta il 50% del fatturato dell‘intero cluster con imprese occidentali e indiane dall‘India, che hanno deciso di presidiare il mercato sinico.

Il distretto/cluster s’estende su un‘area di 37 kmq rappresentando forse il più importante centro d‘affari cinese. Non a caso questo distretto è anche detto la Manhattan d‘Oriente.

Sul breve periodo la cooperazione tra industria della moda italiana e quella cinese, avrà come palcoscenico oltre al Forum Investment & Busines in Shanghai anche l‘expo cinese, China International Import Expo e il Salone del Mobile italiano concentrato sul distretto cinese Jing‘An.

La nuova via della Seta (BRI) dovrebbe incrementare rapporti bilaterali già aperti.

La misura di tale incremento e le conseguenti pressioni politiche (rischi derivanti dal diverso assetto politico tra una nazione dittatoriale e le altre che sono democratiche) che ne conseguono, sono aspetti non quantificabili al momento, ma immaginabili.

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