Marketing ed esternalizzazione 2 concetti immaturi. Prof Carlini

Marketing ed esternalizzazione sono due concetti raramente accostati, ma quando avviene si scopre qualcosa che non si vorrebbe mai vedere.

L’esternalizzazione, chiamata in gergo outsourcing, ma qui preferito il termine italiano per non rompere l’armonia linguistica nazionale, è una prassi aziendale. Tale procedura punta principalmente alla contrazione del costo del lavoro nella produzione. In seconda battuta l’esternalizzazione assicura l’accesso a specializzazioni d’altissimo livello.

Duole constatare come l’intera letteratura sull’argomento ruoti intorno al solo primo aspetto. Pare che affidare a terze parti la produzione per contrarre i costi di realizzazione del manufatto, sia ormai la missione prima di un processo esternalizzato. 

Che peccato e che dolore constatare una sterilità di pensiero così acuta.

Pensiero sterile, perchè molte aziende che hanno esternalizzato, sono fallite. Ciò conferma come l’affidare ad altri quello che avrebbe dovuto fare l’impresa, non è la scelta valida per tutte le imprese in ogni caso. C’è poi un altro aspetto da considerare: i costi interni derivanti da bassa produttività da parte delle maestranze, offese o indispettite dalla scelta della loro azienda. 

Su questo secondo passaggio non c’è ricerca e studio, come a voler soffocare sul nascere l’analisi.

Quel che è peggio è che l’argomento marketing ed esternalizzazione rientra in pieno nel filone di studio del marketing interno. Stiamo quindi trattando di un concetto pertinente alla domanda: i miei dipendenti comprerebbero il prodotto che lavorano?

Marketing ed esternalizzazione, al momento e in questa fase di superficialità concettuale, convergono nel concludere l’analisi limitandosi alla sola contrazione del costo. Una contrazione iniziale e facciale che cela “un mondo” di conseguenze successive non ancora studiate.

E’ come fare un meraviglioso pranzo iniziale, dimenticandosi della stretta dieta che il medico ha assegnato al paziente per evitare che muoia. Oggi si muore di superficialità. Si muore per aver sbagliato nel non re-interpretare una materia, il marketing, che va adattato e non applicato senza saper ne leggere ne scrivere.

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