La Libia è la guerra della Francia all’Italia. Studi prof Carlini

La Libia è stata attaccata? grazie Francia e la sua guerra all’Italia!

La Libia In realtà non è stata attaccata lo è la posizione commerciale italiana in quel contesto. Vediamo di capire cosa sta accadendo utilizzando un altro punto di vista da quelli usuali:

La Germania (prima economia manifatturiera d’Europa) unitamente a Russia, Cina, India e Brasile hanno dichiarato la “non belligeranza” verso la Libia.

Il Presidente degli Stati Uniti è tradizionalmente a corto d’argomenti e rischia la non rielezione fra 2 anni, ma nelle stesse condizioni è anche quello francese. Il leader britannico è appena entrato in carica bisognoso di caratterizzare il suo ruolo, ricordando come negli anni ’70 furono le imprese petrolifere inglesi a essere cacciate dalla Libia, poi sostituite da quelle italiane.

La Lega Araba ha chiesto, giorni fa, all’Europa d’impedire che fossero bombardate popolazioni inermi dall’aviazione libica, non che altri arabi si trovassero sotto attacco da parte occidentale!

Attraverso gli appunti di geopolitica, pubblicati in queste pagine, è stato suggerito di guardare alla crisi del mondo arabo, quale effetto della globalizzazione su stati non costruiti intorno all’uomo. Si disse che, avendo la cultura araba mai applicato i concetti di Rousseau, Voltaire e Montesquieu, lo stato arabo è “proprietà” di una tribù che elegge il suo rais, anziché una costruzione istituzionale proiettata allo sviluppo dell’uomo. Da qui la crisi dello stato arabo, sotto i colpi della globalizzazione. E’ stato anche detto che, partita da Tunisi, la rivolta-evoluzione sarebbe giunta a Pechino, dove sono già iniziate le repressioni per soffocare sul nascere ogni forma di dissenso.
Da occidentale non posso non considerare la Cina come l’avversario, ovvero il nemico. Ne consegue che saper disarticolato il sistema cinese, grazie al suo collasso sociale, mi rincuora immaginando un futuro più sereno per i miei figli in cerca di un posto di lavoro e per le imprese italiane come occidentali in genere.
L’attacco alla Libia, da governi che stanno più cercando disperatamente la conferma alle prossime elezioni presidenziali che altro, ripropone il confronto occidente-mondo arabo, in forme molto cruente, tali da ricompattare quest’ultimo. Se la Libia poteva prima essere isolata sulla stessa costa settentrionale del Mediterraneo, oggi svolge il ruolo di vittima, richiamando tutte le simpatie anti-occidentali dell’intero Maghreb fino alla Mecca e quindi al Golfo Persico.
Quel movimento d’idee nato a Tunisi con destinazione Pechino, dopo l’attacco alla Libia potrebbe fermarsi senza raggiungere la sua naturale destinazione. Ecco perché “la grande strategia è compromessa”.

La Cina resta il nemico dell’Occidente. Una Cina con un forte incremento delle spese militari dopo averci tolto lavoro ora, nella stessa Africa, sottrae all’Occidente e all’Italia i suoi tradizionali mercati.

Di fatto, sarà non elegante a dirsi ma è la realtà, la Libia era una colonia italiana dove fino a un mese fa un imprenditore qualsiasi, partiva e cercava (a fatica e capendo la mentalità locale) di far affari. Il 21% del nostro petrolio proveniva da condotte lì costruite di imprese italiane, unendo Gela ai giacimenti del Fezzan libico. Tutto questo è scomparso. Chi è interessato a entrare prepotentemente in questo mercato? Tutti gli indicatori parlano di un presidente francese a caccia di voti e influenza per le proprie imprese a scapito di chiunque.

Si potevano inviare consiglieri militari, spedire armi di difesa per la fazione (tribù della Cirenaica) in lotta con quelle della Tripolitania, fedeli al Colonnello Gheddafi. Si potevano inviare “caschi blu” d’interposizione tra le parti. No, è stato scelto il più spettacolare attacco aereo.
Come se la caveranno adesso le nostre imprese? Apparentemente quel mercato è perso nel caso non vincano le tribù della Cirenaica, le quali si sono già mischiate con gli interessi francesi, quindi gli spazi appaiano stretti. Si può dire addio a miliardi di lavoro, che stavano interessando tutte le nostre imprese. In questo momento non c’è rimedio.

Pragmaticamente conviene, senza indugio, rivolgersi ad altri stati africani, per replicare l’esperienza libica, muovendosi con le agenzie governative (su 2,4 miliardi d’interscambio con la Libia, solo 13 milioni erano assicurati con la SACE) ma anche con il “senno di poi”.
Sicuramente ricucire con la Tunisia e l’Egitto (che sono Stati e Nazioni a differenza della Libia che è un insieme di tribù) è un tentativo che va fatto, per cercare di riprendere “posizioni” sulle coste del Golfo della Sirte, ma serve un sistema fatto di Camera di Commercio-Ice-Sace-Banche-Confidustria altre imprese. In pratica bisogna replicare il concetto “distretto” nella nostra presentazione all’estero, pena trovarci surclassati dai soliti tedeschi, giapponesi, americani, russi e turchi. Buon lavoro (sperando di non vederci razionata la benzina)

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