La fine della Ue per come la conosciamo

La fine della Ue, l’Unione Europea per come la conosciamo noi appartiene alla logica del possibile.

Come noto, relativamente all’idea europea ci sono due aspetti da distinguere:

  • la parte economica che funziona bene dal 1958 sulla quale c’è poco da dire; esprime un’esperienza valida!
  • la parte politica, in atto dal 1992, che possiamo tranquillamente chiudere che non cambierebbe nulla se non risparmiare una grande quantità di denaro e perdite di tempo;

Ad esempio, i “parlamentari” al Parlamento della UE non sono in grado di proporre una legge, ma solo discutere di quanto viene loro permesso dagli organi direttivi dell’Unione. Sorge subito la domanda: a che serve un parlamento a cui è concesso su cosa esprimersi?

La natura stessa di un’istituzione parlamentare è d’essere libera nel pensiero ed espressione; quella della Ue, no! è chiusa e limitata al solo consentito. 

Il fallimento della Ue politica non è solo nel recente scandalo, ma nel vuoto concettuale che la contraddistingue.

Uno studente di qualche anno intorno ai venti confessa: sono stato educato a pensare alla perfezione dell’idea europea rispetto a quella nazionale ma poi, come smetto di credere ai dogmi e cerco concretezza non ne trovo. Dove si trova la Ue? La mia risposta è semplice: non c’è! La Ue politica non esiste come concretezza, è solo un’organismo che gira a vuoto per ribadire la sua esistenza.

La fine della Ue è francamente poco discutibile, qui in realtà si apre un altro scenario: chiusa questa Ue politica che si fa? Si procede con una Ue2 o si aspettano 50/60 anni per rivedere su basi più intense come istituire il coordinamento tra Nazioni in Europa contando chi è interessato?

La sensazione che sta maturando è chiudere l’esperienza Ue1 lasciando solo un ufficio di coordinamento tra Governi Nazionali: poca cosa, una decina di dipendenti non di più; fra mezzo secolo si vedrà cosa fare.

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