La diversità è un disvalore non un valore. Prof Carlini

La diversità è stata, in forma del tutto arbitraria, elevata a un valore quando in realtà rappresenta solo un problema sociale. Una famiglia, una coppia, la stessa comunità si basa sull’aggregazione, ovvero l’accettazione e il rinforzo di regole comuni. L’assenza di una base unitaria sfalda la comunità creando una serie importante d’altre disfunzioni. Questa è il credo degli ultimi secoli.

Da qualche anno a questa parte è stato “inventato” un altro concetto; che nella diversità si possa stare insieme purché ci sia il rispetto. Questa nuova regola impone, ad esempio, che gli arabi non perseguano guerre di religione e taglino la gola agli infedeli. Non è finita. La stessa regola prevede che le donne siano considerate allo stesso modo in ogni Nazione.

L’elenco di quello che dovrebbe essere è talmente lungo che non ha senso redigerlo. Una cosa è certa. Inventarsi l’idea che l’aggregazione possa essere possibile credendo in valori diversi, appare come un concetto bello da scrivere sulla carta, ma non attuabile nella società reale. La concretezza e funzionalità della società si basa certamente sull’uniformità che non escluda l’originalità, ma entro certi limiti.

Una società piena di “diversi” produce di meno e con tempi più lunghi rispetto a una comunità compatta e uniforme. Ovviamente c’è un limite all’uniformità oltre il quale si passa nella società sterile. Quanto qui scritto è motivato da un eccesso di diversità e dall’industrializzazione dell’argomento nella società moderna.

La spinta e lo spingere verso la diversità, rappresenta una ricerca di distacco dall’unità che si traduce in evasione dal voto politico come anche dalle tasse. Tradotto vuol dire anche criminalità, violenza gratuita e disprezzo. Il femminicidio non è forse disprezzo verso delle donne che vorrebbero essere qualcosa che non sono? Quanti omicidi gratuiti possiamo permetterci in nome della diversità?

La diversità è come il vino; al terzo bicchiere ci si inebria del nulla.

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