Incrementi per lavori interni A4 e B.II.5 Prof Carlini

Incrementi d’immobilizzazioni per lavori interni. Si tratta di un argomento squisitamente contabile, di ragioneria, nella redazione del bilancio d’esercizio. Nel Conto Economico, “amichevolmente” qui indicato come CE, la dinamica è descritta alla voce A4 nell’ambito del valore della produzione. In CE ci vanno i costi sostenuti nell’anno per la realizzazione dell’opera. Invece nello Stato Patrimoniale, detto SP, alla voce B (immobilizzazioni, II° “secondo romano” (materiali) voce 5, c’è l’intero importo già speso per quell’opera negli anni precedenti.

Per spiegarsi, stiamo osservando che l’azienda spende, ma quel denaro aumenta il valore dell’impresa motivo per cui è sia nell’attivo dello SP sia nel Valore della produzione del CE.

Una spesa d’investimento!

Si tratta di quel caso dove s’edifica un muro o si costruisce un macchinario anzichè acquistarlo dal mercato.

Oltre ai complimenti per un’azienda che agisce in questo modo, c’è anche un modello contabile da seguire. Le strade sono due:

a) contabilizzare e capitalizzare i costi diretti, gli indiretti e gli interessi;

b) contabilizzare solo i costi diretti e gli indiretti, lasciando che gli interessi siano collocati tra i costi nel CE come oneri finanziari.

Cosa c’è “in ballo”?

Se gli interessi sono conteggiati sull’anticipo di capitale impiegato e investito nella realizzazione dell’opera, non figurano nel CE. Questo non figurare alza l’utile aziendale e il connesso pagamento delle tasse da versare.

Al contrario contabilizzare gli interessi nel CE, riduce l’utile aziendale. Non solo, ma consente anche l’immediato recupero delle tasse sugli interessi negativi sofferti.

In pratica cosa conviene fare?

Non è automatico!

Serve rispondere prima di tutto alla domanda: serve alzare l’utile per evitare che la banca tagli il salvo buon fine?

In linea di massima la soluzione d’imputare gli interessi al CE negli incrementi per lavori interni è più corretta.

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