Il coraggio se non viene stimolato si addormenta, quindi serve una terapia d’urto

Il coraggio è una delle armi più audaci dell’essere umano. Però, come ogni cosa dell’umano si deteriora. Nasce, si sviluppa, muore. Anche il coraggio muore. Per mantenere una dignità anche di fronte al dolore e alla morte, il coraggio va stimolato. E’ un concetto ampiamente discusso nel recente libro pubblicato dal sociologo Carlins. Il titolo del libro è Il dolore.

Si può vivere di paura? Peggio, di fronte alla sofferenza si può essere divorati dal dolore? Si tratta degli stessi quesiti che animano lo spirito degli uomini da 50mila anni. La soluzione non c’è. In un enigma umano senza soluzione resta lo stimolo per essere migliori. Una persona migliore ama di più, vive di più. Il coraggio è l’antidoto per una qualità nell’esistenza che sia vivibile. Questa capacità va esercitata perchè resti viva e vegeta. La domanda ora cambia: come si addestra il coraggio? Parafrasando il libro di Carlins servono dei passaggi che sono:

  • pensare di più
  • leggerei di più
  • amare di più
  • scrivere di più
  • guardare di più
  • camminare di più
  • litigare di meno
  • mangiar meno

Serve un mix tale da consentire un impegno vigilante a qualcosa che si sfascia naturalmente. E’ veramente brutto a dirsi. L’umano è bello fin quando non perviene alla soglia della sua fine. Oppure all’inizio della fase riflessiva della vita. Nella rilassatezza dello stesso tono muscolare la mente si ferma nella produzione d’idee.

E’ una frase ad effetto che esprime tutta la sua drammaticità. Certamente è umano anche chi è vecchio e impaurito. Il guaio è che ci sono anche molti giovani che vivono di paura e paure. La droga non è una forma di paura?

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