Il collasso del sistema di finanza pubblica italiano, rappresenta un dato di fatto così ovvio che nessuno ne discute. Nel senso che il non discuterne, apparentemente, risolve il problema.
Come già scritto molte volte, in questo sito, sin da giugno 2018, l’epicentro della crisi è nella finanza pubblica. Dai titoli di Stato, il contagio passa immediatamente al sistema bancario nazionale. Con le banche “schiacciate” tra il possesso di troppi titoli di Stato e il loro nuovo basso valore, si passa alla borsa valori.
Il crollo delle quotazioni dei titoli in borsa NON è affatto un problema, si potrebbe vivere serenamente senza la borsa valori. Il punto, valido e pertinente per le aziende, sono le banche. Con il sistema bancario in crisi, immediatamente viene chiuso il credito alle aziende e richiesto indietro ogni prestito erogato. Causa la chiusura dei prestiti elargiti a famiglie e aziende, la crisi da bancaria e solo finanziaria, tocca la produzione. La chiusura per fallimento delle aziende produce disoccupazione e quindi depressione.
Cosa è accaduto? La Bce che stampava soldi, da diversi anni, non li stampa più. Dal 1° ottobre 2018 i soldi non si stampano ma si creano producendoli e lavorando. Fine dei giochi. Qui negli Usa, all’inzio della crisi subprime si disse: “the game is over” (Signora Pelosi al Congresso).
Il collasso del sistema finanziario pubblico italiano, deriva da un’osservazione semplice: chi ce li mette 20 milardi al mese? Le banche che non ricevono più soldi facili e freschi di stampa no. I cittadini no. Quindi serve alzare i tassi di rendimento, l’interesse, sul debito pubblico nazionale.
La spirale tassi d’interesse e debito pubblico, in effetti può crescere, ma non oltre un certo livello d’indebitamento. La dottrina indica in 150% il livello di non ritorno, quando oggi l’Italia è al 122%. Il residuo 18% di differenza tra oggi e il limite di collasso, è veramente esiguo, specie con tassi d’interesse in crescita.
Probabilmente l’Italia non lascia la moneta unica ma è la Ue, che per evitare il fallimento, abbandona il sud dell’Europa.