Ci sono 2 imprenditori.
Non sono concetti complessi però si stenta a poterli anche addirittura affermare! La delocalizzazione è un processo d’arricchimento del singolo imprenditore che lucra sul differenziale di prezzo del lavoro, quando re-importa nel suo paese d’origine (Occidente) le merci prodotte nei paesi poveri emergenti (BRICS). Questo soggetto è un pericolo pubblico. In effetti sarebbe diverso quell’imprenditore che pur sviluppando un processo di delocalizzazione produce per quel singolo mercato (Cina, Brasile o altri) cercando di sostenere o spingere il consumo di quei personaggi. In questo caso cambia completamente la considerazione dell’imprenditore che ha demoralizzato. Anche se va rilevato come la globalizzazione non abbia saputo comprendere le esigenze culturali e politiche dei diversi paesi poveri emergenti. In particolare tutti dimenticano come la Cina, ad esempio, sia una dittatura comunista per cui il consumo non è gradito perchè crea le classi sociali, ovvero un contesto umano non compatibile al comunismo. E’ pur vero che in Cina ci sono 200milioni di ricchi e che sono ovviamente tutti iscritti al Partito Comunista Cinese. Le stesse considerazioni valgono per la Russia, il Brasile, il Sud Africa. Resta chiaro che sulla delocalizzazione serve una riflessione per capire cosa sia saggio per la Nazione e quello che invece è un pericolo da tassare pesantemente espellendo dal mercato l’imprenditore incapace di guardare oltre al suo solo guadagno privato. In realtà l’imprenditore ha anche una funzione sociale.
Made in China? No I can’t buy it. Prof Carlini