Lo studio proposto non invita all’evasione fiscale! Al contrario prospetta una visione completamente diversa delle PMI italiane. In base ai più elementari concetti d’internazionalizzazione le aziende dovrebbero migrare verso il miglior ambiente possibile. Questo non avviene. Il motivo risiede nel legale familiare e personale dell’imprenditore. Stiamo parlando d’imprenditori che hanno smesso di viaggiare nel mondo per vendere. Figuriamoci a trasferirsi d’abitazione, con la famiglia e l’impresa. Grazie a questa inamovibilità dell’imprenditore piccolo e medio, l’internazionalizzazione diventa difficile.
Il radicamento dell’imprenditore al territorio d’origine è un fatto culturale. Ne consegue che non è facilmente modificabile. Nonostante ciò, il Dossier Austria mantiene la sua efficacia come segnale d’allarme. Attenzione che è possibile emigrare con “armi e bagagli”.
Lo scopo dell’articolo è quello d’invitare gli imprenditori ad emigrare? Non è proprio così. In realtà l’invio è verso l’internazionalizzazione. In pratica restando nel proprio ambito culturale (dentro l’Europa che sia o no Ue) si crede saggia una certa mobilità d’impresa. Questo vuol dire essere europei anzichè italiani. Sentirsi europei vuol dire anche includere i nuovi territori non Ue, come la Gran Bretagna nel dopo Brexit. E’ il ceppo culturale il vero riferimento per vivere bene, non la struttura burocratica che incide sull’area.
Comunque una cosa è certa, le aziende che vogliono avere un futuro, hanno bisogno d’internazionalizzarsi. Il Dossier Austria offre uno spunto di riflessione. Oggettivamente emigrare in Austria non vuol dire tanto avvicinarsi ai paesi dell’Est Europeo quali mercati di sbocco.
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