I distretti industriali italiani hanno rappresentato la ricchezza per questo Paese. Come già scritto in altri studi qui pubblicati, la domanda fu: come ridurre il costo di produzione? . Ogni polemica tra le due scelte è rinviata a quando già pubblicato con il titolo “distretti industriali”. Qui nel dettaglio si vuole capire come e perchè il distretto è stato un successo.
Per spiegarsi serve un esempio.
La ditta A non fa parte di un distretto ed è una Srl
La ditta B fa parte di un distretto ed è anche in questo caso una Srl.
Entrambe le imprese comprano un macchinario che costa 80mila euro. La ditta A spende 80mila e altrettanto è per la B. Sono sempre 80mila euro!
La ditta A produce circa 1000 pezzi al giorno. Il costo di produzione sarà 80.000 diviso 1000 = 80. Quindi ogni prodotto dell’azienda A avrà un costo di produzione pari a 80.
La ditta B, essendo in un distretto, produce per diversi altri operatori. Potrebbe essere, 30 pezzi per caio, 50 per sempronio, 100 per “g” e 1500 per “z”. Alla fine sono 30+50+100+1500 al giorno per un totale di 1680. Il costo di produzione sarà 80.000 diviso 1680 = 47,62.
Tutto qui.
Ovviamente l’argomento potrebbe essere reso ancor più complesso con ragionamenti più sofisticati, ma non è necessario.
Lo studio è stato pubblicato su richiesta della studentessa Annie. La ricercatrice sta cercando di comprendere la differenza tra un distretto italiano e statunitense.
Si rammenta che l’idea di “distretto industriale” è nata negli Stati Uniti intorno al 1860. L’economista di riferimento credo sia il britannico Alfred Marshall, 1842-1924. Gli italiani, nell’avanzato dopoguerra, hanno poi re-inrerpretato il concetto di distretto industriale. Ci sono quindi 2 scuole di pensiero nel concetto di distretto. Quella americana classica, quella italiana molto industriale.
Con l’avvento della globalizzazione sono purtroppo cambiati i riferimenti qui descritti. Si confida che con il reshoring torni la produzione nei paesi occidentali. Grazie Brexit e Trump per questa prospettiva.
Made in China? No I can’t buy it. Prof Carlini