Coscienza collettiva – studi di sociologia. prof Carlini

Apparentemente discutere di società nei termini di coscienza collettiva (come vorrebbe Emile Durkheim – uno dei 3 padri fondatori della sociologia) oppure di personalità in relazione tra di loro (pensato da Georg Simmel, altro punto di riferimento fondamentale della sociologia come lo è stato il più considerato Max Weber) potrebbe apparire teorico e una perdita di tempo, mentre così non è ed ecco la dimostrazione.

Si contrappongo qui 2 visioni:

a) la società ha un’anima sua che si chiama coscienza collettiva, pre-esistente ai singoli individui;

b) la società emerge dalla relazione (wechselwirking in tedesco e in dottrina) tra persone.

Chi ha ragione? Ovviamente alla luce dell’attuale era, in pieno fallimento della globalizzazione, non c’è dubbio che sia Georg Simmel ad aver lanciato una visione della società che anzichè essere un corpo a sé stante, emerge dalle relazioni tra persone. Peccato che questo concetto non sia adeguatamente spiegato nei corsi di storia del pensiero sociologico. L’intuizione di Simmel fu già del 1890 nel suo libro La differenziazione sociale dove non pronunciò il nome di Durkheim, ma il riferimento fu chiaro. Infatti lo stesso Durkheim, scrivendo La sociologia e il suo dominio scientifico aprì la polemica con Simmel, nella distinzione tra individuale e sociale ragionando sulla società.

Nel complesso della vita personale e sociale di oggi, 2016, discutere di coscienza collettiva ha ancora un senso? Concettualmente si, per un motivo semplice, se ha ragione Simmel abbiamo ancora una speranza per affermare la nostra storia personale e le idee che abbiamo formato nelle individuali personalità di ognuno di noi.

Ad esempio, Andando al voto, scrivendo, studiando, affermando, pensando, amando e facendone memoria ogni giorno, parlando ed educando, possiamo ancora influire sulla società con una testimonianza: la nostra. Nel caso Simmel avesse ragione non possiamo più dire, “mi è stato ordinato” (basta pensare all’Olocausto) oppure “fanno tutti così” o peggio “è sempre stato fatto così“.

LA STORIA (direbbe la Signora Elsa Morante) nasce dal privato, che in relazione con gli altri, costruisce una testimonianza.

Certamente Simmel non trascura l’effetto trascinamento che la folla trasmette o impone al singolo. Questo punto di vista viene esaminato nel contesto degli studi sulla moda e in particolare quando si studia il pudore. Nel saggio Excursus sull’ornamento Simmel si rende conto che l’individuo è disposto a prendere parte a innumerevoli azioni che risveglierebbe in lui, singolarmente considerato, delle resistenze invincibili, comunque superate per l’effetto trascinante del gruppo, clan, squadra, società. Questo è quanto avviene nella realtà dove a maggiore immaturità (e sensibilità verso la moda) risponde un forte bisogno d’uniformità agli altri. Quanto per Durkheim ( studioso francese, 1858-1917) è auspicabile nel concetto di coscienza collettiva, in Simmel (studioso tedesco,1858-1918) assume il contorno di un pericolo, svelandosi in questo suo sentire, come un ricercatore e studioso decisamente “moderno”.

Ecco che questo studio, purtroppo letto solo dai sociologi, diventa un punto di vista per riflettere, valido per tutti. In gamba.

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