Cosa ce ne facciamo di una fiera in un momento di crisi: Made in Steel

Cosa ce ne facciamo di una fiera in un momento di crisi: Made in Steel. Di Giovanni Carlini

Cosa ce ne facciamo di una fiera quando non sappiamo dove sbattere la testa al muro? Sicuramente il momento congiunturale non è solo critico, ma in trasformazione. Stiamo passando da un brutto periodo a una stagione capace di sfoltire il numero degli operatori. In questa situazione perché è importante riunirsi, contarsi e discutere?

Cosa ce ne facciamo di una fiera quando le cose non funzionano? Come noto a tutti, questa crisi è diversa da quelle che si sono succedute negli ultimi 80 anni di storia economica. L’originalità del momento non si limita a fatti solo tecnici. Spiegandosi meglio le banche, in Italia, hanno investito 8 volte il loro patrimonio. Quelle USA (controllate dalle Autorità) mediamente si sono spinte a quota 15 volte il capitale. Altre, statunitensi e inglesi, oggi fallite, hanno toccato quota 58 volte il patrimonio.

In queste condizioni che ce ne facciamo di una fiera in crisi nera? In realtà per stroncare la speculazione basterebbe cambiare le regole. Ecco la motivazione a Trump e Brexit.

Poi c’è la questione del protezionismo. Purtroppo, però questa crisi non è solo una questione di regole. La crisi colpisce ben più a fondo: siamo noi in crisi, non il mercato.

Cogliendo gli aspetti psico-sociologici della crisi (chi scrive è un sociologo dei consumi che insegna marketing) restano delle considerazioni di fondo. La crisi, non è solo preminentemente bancaria/industriale, ma si incunea nei consumi, quindi è sociale. Le soluzioni alle difficoltà non passano attraverso l’economia, ma toccano in pieno la società e i modi di vivere di tutti.

Come si fa ad agire in un mercato così depresso? Una delle prime regole di marketing recita: si compra solo ciò che si capisce. Analizzando questo passaggio il concetto è il seguente: mai vendere il prodotto, ma sottolineare il bisogno che soddisfa il bene. Ovviamente, per “educare l’acquirente” serve una politica d’immagine e produzione, che possa essere letta dal mercato.

Per svolgere una “rivoluzione copernicana” di questo tipo, non basta che si muova un produttore. Al contrario serve un ragionamento di categoria. E’ necessaria la ricerca di un nuovo linguaggio per un mercato fatto d’acquirenti spaventati e dubbiosi.

La fiera “Made in Steel”, è il momento per confrontarsi, discutendo quale nuova immagine la categoria possa assumere.

Related posts

Made in China? No I can’t buy it. Prof Carlini

Budweiser American beer e il grande errore

Economia internazionale e le sue 2 anime. Prof Carlini