La concezione del sé nella percezione sociale

Taccuino americano: la concezione del sé nella percezione sociale

È importante scusarsi con i lettori per un titolo così pomposo che, se spiegato, è facilmente intuibile. I sociologi americani, quelli più avanzati al mondo in materia, da un secolo insistono su un concetto: il mondo è percepito (tradotto) da tutti noi, in base a come ci consideriamo e percepiamo. Gli effetti pratici sono visibilinell’incidenza dell’ottimismo/pessimismo sul livello di spesa dei consumatori, quindi sul quadro macroeconomico della Nazione.
Probabilmente esiste il mondo oggettivo, ovvero quello che tale è senza interpretazioni (un concetto che appartiene più alle scienze matematiche) ma non è assolutamente interpretato in questo modo dalle persone e dal momentaneo stato umorale.
Ad esempio, un evasore è inevitabilmente chi non paga tutte le tasse che dovrebbe, ma il livello di imposte richiesto dallo Stato corrisponde ai servizi resi? Qui si apre un dibattito infinito confermando come il bianco e il nero non corrispondono più alle categorie comportamentali abituali. Il problema dell’Italia è tutto qui.
Giustamente lo Stato sta pretendendo che si paghino le tasse e ha scatenato tutti i meccanismi sociali di pressione compresa la gogna pubblica (va ricordato lo spot pubblicitario televisivo che indicava l’evasore come un parassita). Va sottolineato però come alla richiesta di maggiore gettito fiscale, non abbia assolutamente risposto un miglioramento dei servizi alla comunità. Anzi. La qualità della vita sociale è peggiorata, scadendo in una “caccia alle streghe” dove le istituzioni (magistratura, polizia tributaria, agenzia delle entrate ed Equitalia) non si rendono conto di quanto siano isolate nel Paese, credendosene al contrario i difensori. Insomma une percezione nel senso di servizio perfettamente invertita, comportando che la soluzione diventi il problema. Come la mettiamo?
Il Paese è strutturalmente spaccato perché i cittadini non si riconoscono più né tra loro che nei confronti dello Stato. Come se ne esce? Forse la soluzione non è nel perseguire i contribuenti chiedendo sempre più tasse ma, al contrario riducendole, contraendo, al contempo il livello di servizi offerti. Un esempio.
Qualche anno fa il costo di uno studente, nella scuola media superiore, era di 6.500 euro all’anno (comprendendo ogni aspetto sia di struttura, edifici e riscaldamento, come la pulizia dei locali e gli stipendi erogati). Mediamente in ogni classe, specialmente le prime si contano tra i 20 e 30 studenti stabilizzandosi sui 15 allievi negli anni successivi. Ciò significa che il costo medio di una classe, per lo Stato Italiano è di quasi 100mila euro a fronte di un servizio offerto dalla scuola pubblica decisamente scadente-scarso. Se lo Stato si ostina a mantenere pubblica la Scuola, quanti 100mila euro ci sono da spendere, sapendo che ogni Istituto ha circa 50 classi? Sono cifre da capogiro, esattamente quelle che esprimono il buco della finanza pubblica.
Il quesito è: se si appaltasse la gestione della singola classe a un privato, impegnandosi nel mantenimento degli standard ministeriali, con una contrazione del prezzo almeno del 25%?
Si tratta solo di un esempio con numeri reali.
Decine d’anni di tolleranza all’evasione e accomodamento sociale, hanno ormai trasformato il Paese, per cui instaurare atteggiamenti virtuosi è certamente possibile, ma al prezzo d’anni d’educazione fiscale e non con una “caccia” al contribuente oggi scatenata dagli strumenti di tortura sociale. In pratica non si sta spaccando la Nazione, ma la si è già rotta nella compattezza sociale.
Esprimendo con un ulteriore esempio è come togliere di netto a un tossico la sua dose quotidiana: non è saggio se volessimo salvarlo.
Concludendo: la trasformazione del Paese è possibile, se anche coloro che dovrebbero educarlo, sono capaci di migliorarsi e qui si riscontra lo stallo. Per venirne fuori è possibile solo un privato lavoro individuale di ricostruzione della propria sensibilità. Quindi un ritrovarsi in ambito di coppia, un nuovo modo di lavorare, un’azienda che ascolti e s’interessi del fattore umano, quindi cercare d’essere delle persone meno superficiali che leggano di più e facciano di meno. Una riscoperta del senso d’educazione per noi stessi più che per gli altri; un credere nella buona fede oltre che nell’imbroglio. In assenza di un netto ritorno al privato, vengono a mancare le basi stesse per restare insieme come Nazione, oggi spaccata da chi vorrebbe “salvarla”.

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