Come reagire e comportarsi
Come reagire. Per poter affrontare un problema o un periodo di crisi, è necessario capire cosa stia accadendo. Inutile soffermarsi sulle dimensioni di quanto i politici e la stessa stampa, proseguono nel dichiarare quotidianamente, infliggendo al Paese costanti quote di timore.
Tra le tante cose dette, ciò che stona è il continuo confronto tra l’Italia e la Grecia. In particolare si indica nel paese ellenico la massima degradazione sul piano economico, che può accadere a un paese europeo dell’area euro, introducendo anche spunti di crisi nel sociale, in termini di povertà diffusa.
Senza assolutamente contestare i drammi della Grecia, a cui non si può che esprimere tutta la solidarietà possibile, questo confronto è sbagliato.
L’Italia non è la Grecia, ma quasi e la differenza lo fa il sistema delle imprese su cui la Nazione si basa.
Sono sicuramente due malanni da curare entrambi, ma la vita del paziente non è a rischio in Italia.
Questa è una prima differenza da stabilire per iniziare a capire.
L’esempio del confronto con la Grecia è stato preso appositamente per sottolineare come un eccesso di propaganda possa influire sulla Nazione, paralizzandola anziché stimolarla. Il vero problema italiano oggi è politico, nel senso che non abbiamo una classe di dirigenti in grado di farsi carico dell’attuale congiuntura, per cui tutto è stato delegato “ai tecnici”.
Una delle ipotesi che più si fa strada, sulla reale natura della crisi, consiste in una errata applicazione del concetto di globalizzazione da cui è derivata una delocalizzazione non solo funzionale al presidiare mercati emergenti, ma nel lucrare sul differenziale di costo del lavoro, sottraendo posti nel nostro paese. In pratica si è prodotto all’estero per le necessità degli italiani, guadagnando sui diversi costi e pretendendo che chi compri potessero farlo anche in assenza di buste paga. E’ chiaro che un meccanismo di questo tipo è “scoppiato”.
Il punto non è solo nel 29% degli under 35 senza lavoro (il 30 in Spagna) ma in una famiglia dove i coniugi hanno potuto conservare l’impiego e hanno un figlio privo di attività lavorativa, comunque questa situazione comprime al ribasso le spese dell’intero nucleo familiare deprimendo a sua volta il mercato.
Ecco che la politica ci serve non tanto per tagliare i consumi degli italiani, ma per indirizzare le grandi scelte industriali di questa Nazione, verso nuovi orizzonti. Purtroppo da noi la politica è partitica, quando noi sentiamo il bisogno di grandi scenari. Quanto ci mancano gli statisti al posto dei politici; dove sono i nuovi De Gasperi, personalità a livello di Giolitti o di Cavour?
Per reagire al 2012 servono idee, ricerca e sviluppo, internazionalizzazione, posti di lavoro, dignità e cultura nazionale per poi dirsi anche europei.
Auguriamoci buon lavoro.
Made in China? No I can’t buy it. Prof Carlini