Caporetto, gli effetti sui civili. Sociologia della storia
Caporetto, come disfatta militare non va ricordato solo negli aspetti militari, come solitamente avviene. Esiste una storia sociologica trascurata. Il riferimento è a quei 400mila, tra friulani e veneti, che sono scappati come profughi. Gli sfollati!
Improvvisamente, intere famiglie dovettero lasciare la casa, il podere, il lavoro, per fuggire. Chieste indicazioni ai sindaci (ben 328 furono i comuni occupati dal nemico) si scoprì come fossero fuggiti. Tutto sommato, i sindaci anticiparono il comportamento del C.te Schettino nel 2011.
La fuga non fu motivata solo dall’arrivo dell’invasore. Giunsero anche le prime notizie d’omicidi e stupri commessi sui civili. Va ricordato come l’orfanotrofio di Venezia ospitò 350 “figli della disfatta, figli dell’invasore”. Bimbi abbandonati dalle mamme italiane profanate dai soldati austro-tedeschi.
Il faticoso accoglimento nel resto dell’Italia di 400mila profughi, fu drammatico perchè non organizzato. In realtà nessuno lo avrebbe potuto immaginare. Nel marasma che seguì allo sfondamento a Caporetto, tutte le strade furono riservate alle truppe. Ai civili restarono solo vie periferiche o per i campi.
La Lombardia, l’Emilia e il Piemonte si trovarono ad accogliere degli “italiani” che non avevano mai visto. Ancor peggio fu in Meridione, dove spesso si confusero gli austriaci con i profughi.
I prefetti disposero l’arrivo degli sfollati, nei centri di raccolta, nelle ore notturne. Lo scopo fu chiaro. Il simbolo vivente della DISFATTA non doveva essere enfatizzato. In questo modo, i rifugiati defluirono anche nel Mezzogiorno d’Italia.
Non solo, i sussidi di guerra agli sfollati e la forzata assegnazione del lavoro a loro favore, generò molta ostilità. Fu il caso della raccolta del riso nel vercellese. Nella primavera del 1918, alle tradizionali mondine lombarde e piemontesi fu dato lavoro agli esuli. Ciò provocò non pochi malumori.
Finalmente la guerra terminò. Velocemente furono “rimpatriati” tutti i profughi giuliani, trovando al loro arrivo il massimo della distruzione. Infatti i campi, prima d’essere arati, richiesero un’importante bonifica dalle schegge e ordigni inesplosi. Una lunga e lenta ripresa sarebbe dovuta iniziare. Questo è un passaggio della storia sociologica del primo conflitto mondiale.
2 comments
Comments are closed.
Add Comment