Capitale erotico di Catherine Hakim

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CATHERINE HAKIM: Commento al libro “Capitale erotico”

La sociologa britannica, Catherine Hakim, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo “Capitale erotico”. Riprendendo le tesi di Pierre Bourdieu, intento nello svecchiare il concetto di classe marxista dal macigno della conflittualità economica per il controllo dei mezzi di produzione, l’autore francese introduce nuovi punti di riferimento: il capitale sociale, economico e culturale. In questo sforzo, come sottolinea la Hakim, manca all’appello il capitale erotico. Perché P. Bourdieu e la dottrina in genere hanno tralasciato quest’aspetto nell’ambito delle relazioni sociali, nonostante alcuni accenni del sociologo e filosofo francese all’estetica della pelle abbronzata e del corpo muscoloso/aggraziato? Intorno a questa domanda si dipana tutto il testo della Hakim con delle interessanti osservazioni che sono:

Il fascino ha sempre implicazioni sessuali seppur inespresse e solo potenziali

– non si ha mai una seconda occasione per fare una buona impressione. Quest’affermazione della Hakim spiega quanto sia necessario ricorre al fascino del capitale erotico nelle relazioni sociali e come il capitale erotico, vada allenato per coloro che non ne sono naturalmente dotati. S’introduce qui una visione aggressiva e reattiva della vita utilizzando tutte le capacità a disposizione senza con ciò scadere sul piano morale;
Le donne sono maggiormente preparate al lavoro emozionale

– Va riconosciuto come le donne siano molto più preparate, rispetto agli uomini, nel gestire le tensioni emotive familiari, l’accudire anziani e bimbi, quindi nell’insegnamento e nelle procedure d’accoglimento. Questo perché tradizionalmente, come figlie ricevono dalle madri questa sensibilità. Chi ha concettualizzato questa visione è stato un sociologo tedesco poco noto, Norbert Elias, descrivendo come le buone maniere, per affermarsi, si siano concentrate inizialmente nelle corti e Signorie. La nascente borghesia rinascimentale, per “darsi un tono”, ha iniziato a scimmiottare le stesse buone regole in uso nell’aristocrazia. Elias ritiene che “la cinghia di trasmissione” tra classi sociali nella applicazione e diffusione delle buone maniere siano state le donne, da cui il loro netto predomino nel campo dell’educazione e sensibilità rispetto gli uomini. Il pensiero dei Elias è stato ulteriormente sviluppato da altri studiosi europei, tra cui l’olandese Cas Wouters, che rileva come oggi la sensibilità si sia trasformata in competenza sociale. Chiunque acquisisca tali competenze e sia in grado di leggere le emozioni, possiede un vantaggio strategico fondamentale;

Il concetto di deficit sessuale maschile

– l’autrice introduce il concetto di “deficit sessuale maschile”, per cui al genere maschile non basta mai l’attività sessuale a differenza delle donne, che potrebbero anche farne a meno per lungo periodo. Oggettivamente, in questo caso l’autrice va corretta sia sulla base dell’esperienza personale che da quanto emerge dalla ricerca, indipendentemente dalla statistica e le diverse ricerche sull’argomento. Non è corretto, come scrive la Hakim, che le donne subiscono il sesso rispetto agli uomini a cui “non basta mai”. In realtà quest’ultime vivono una sessualità definibile “lunga”, anziché quella molto (troppo) fisica tipica del genere maschile. Questo vuol dire che nel rapporto di coppia, il partner deve saper intercettare quell’itinerario emotivo femminile strutturato su abiti indossati, tempi di corteggiamento, piatti cucinati, colori utilizzati e visti, l’ambiente circostante, il sistema di sicurezze che il rapporto è in grado d’offrire, particolari che tutti insieme contribuiscono alla sessualità femminile. Schematicamente (è il parere maturato in sede di ricerca) si può affermare che la sessualità maschile sia “corta” e quella femminile “lunga”. Il raccordo tra questi due momenti rappresenta “il problema” relazionale fisico tra uomo e donna;

– a pag.41 l’autrice esprime: dalle indagini condotte non veniva mai preso in considerazione il sistematico ed evidentemente universale deficit sessuale maschile. Gli uomini, a ogni età, vorrebbero fare più sesso. Le donne riferiscono livelli decisamente inferiori al desiderio sessuale e minore attività, per cui gli uomini sono sessualmente frustrati, in diversi gradi, per gran parte della loro vita;

– a pag. 43:sembra che la sola cosa in grado di frenare l’interesse degli uomini per il sesso sia la prospettiva di doverlo pagare: in denaro o con il matrimonio;

– da questi interventi emerge una figura d’uomo in ostaggio delle pulsioni. Non ci sono ricerche sull’argomento e la Hakim è una femminista per cui ha una visuale non obiettiva del suo punto di vista. Come sempre, e in tutte le cose della vita, la verità è da considerarsi in “una via di mezzo” per quanto va rilevato come in guerra e in momenti particolarmente bui della storia dell’umanità, il genere maschile ha deliberatamente oltraggiato quello femminile in terra di conquista;

– il deficit sessuale maschile è confermato nelle altre culture rispetto quella occidentale;

Diversi concetti di femminismo

– si sottolinea un’importante differenza tra femminismo anglosassone (molto dogmatico) e quello europeo (particolarmente pratico)

– (..) lascia pensare che il movimento femminista anglosassone si sia trasformato in un’ideologia di scontro permanente. Non sorprende che molti giovani donne snobbino il femminismo (pag. 97)
Il capitale erotico nella traduzione della scuola sociologica statunitense

– James Coleman nel 1988, reinterpretando negli Stati Uniti il pensiero di Bourdieu, parla di capitale sociale come proprietà di una comunità rispetto al singolo, senza con ciò modificare la portata innovativa del concetto;

– la tesi dell’autrice (francamente discutibile) è che il capitale erotico non è stato considerato dalla cultura, perché non controllabile, essendo eccessivamente esposto alla libera interpretazione dell’individuo (pag 22 del testo)

Il matrimonio come ascesa sociale

– le donne nella scelta dei partner solitamente si rivolgono a classi di reddito più elevate rispetto i loro guadagni, mentre questo non è un parametro di rilievo per il genere maschile scegliendo la donna amata (pag.145)

– il matrimonio è ritenuto dalle donne come un motore dell’ascesa sociale (pag.145) infatti la considerazione femminile della sessualità è per un pacchetto completo tra capitale economico, culturale, sociale ed erotico. Probabilmente questa impostazione valeva molto di più qualche decennio fa rispetto oggi, ma non si pensa vada trascurata rientrando nelle componenti di quella sessualità “lunga” femminile, già più volte definita;

Le ricerche sulla sessualità

– va rilevato come la prima ricerca sessuale in Europa sia stata svolta solo nel 1967, in Svezia, dimostrando in questo modo quanto sia “difficile” parlare di sesso nella società, sia moderna che classica. L’avvento dell’AIDS (considerata inizialmente “la peste degli omosessuali” ma successivamente estesa anche, come classe di rischio alla normalità dei rapporti sessuali) ha comportato un forte incremento d’interesse statale sulla sessualità soprattutto intesa come espressione di controllo e studio per una profilassi adeguata al morbo;

– questo interesse sanitario verso la sessualità infetta, ha dirottato la stragrande maggioranza della ricerca sociale sulla promiscuità e incontri occasionali, anziché la normalità della relazione sessuale di coppia. Nonostante ciò, molti studi nazionali su questo argomento della vita, nel corso degli anni Novanta, hanno permesso di capire più a fondo l’evento sessuale, al netto del difetto comune a tutte le ricerche: non sono collegate tra loro;

– in Svezia, nel 1996 la relazione ufficiale dell’indagine sulla sessualità afferma come, per effetto dell’uguaglianza di genere, si sia prodotta una delle culture sessuali più restrittive d’Europa! La gente non osa parlare di sessualità ed erotismo dopo che mediaticamente sono stati enfatizzati gli aspetti negativi della sessualità quali violenza, abusi, aborto, pedofilia, pornografia e prostituzione. Ciò ha determinato uno scollamento fra pubblico decoro e realtà private dove s’assiste a violente affermazioni erotiche soprattutto sotto effetto di alcol;

– negli Stati Uniti nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta fu svolta una importante ricerca sulla sessualità maschile e femminile grazie agli studi scientifici pionieristici di Alfred Kinsey. Seguirono ricerche sulla sessualità femminile di Shane Hite negli anni Settanta e il Rapporto Janus nel decennio Ottanta, descrivendo il panorama sessuale statunitense dopo la rivoluzione sessuale. Le prime vere ricerche svolte attraverso interviste, capaci d’offrire un panorama nazionale rappresentativo, negli Usa, sono state fatte sono nel 1992. La prima di queste indagini interessò le persone tra i 18 e i 59 anni. La seconda fu per la fascia dai 57 agli 80;

– sulle ricerche statunitensi va rilevato un importante difetto; considerano solo i dati emersi dalle loro statistiche e campioni; (pag. 45)

– tornando all’Europa, dopo la già citata esperienza svedese del 1967 è seguita a ruota la Finlandia nel 1971, 1992, 1999 e infine 2007 (quindi imitata dall’Estonia) che ha saputo comprendere il desiderio sessuale e le sue manifestazioni senza lasciarsi condizionare da questioni di salute pubblica. (…) Queste serie di ricerche dimostra che il cambiamento sociale e la rivoluzione della contraccezione hanno modificato l’atteggiamento nei confronti della sessualità e i relativi comportamenti, in particolare per le donne conquistando una maggiore esperienza sessuale (pagina 271 – Appendice);

– proprio grazie alle ricerche finlandesi si deve la comprensione di un punto fondamentale nella sessualità di coppia. A pag. 50 la Hakim così si esprime: in genere l’interesse sessuale delle donne diminuisce bruscamente dopo la nascita dei figli (..) Alcune sperimentano un risveglio della pulsione sessuale in una fase successiva della vita, dopo la menopausa, quando il rischio di gravidanze è azzerato. Ma, in generale, l’interesse delle donne per il sesso è fortemente ridotto, se non completamente annullato, dalla maternità. Al contrario l’interesse dell’uomo per il sesso raramente diminuisce nella stessa misura in conseguenza della paternità. Questo fenomeno è ben descritto da uno studio condotto in Finlandia. Fino a circa 30 anni, gli uomini e le donne mostrano lo stesso desiderio di fare sesso più spesso; in seguito le donne perdono interesse e la metà degli uomini rimane con il desiderio. Le indagini dimostrano che per tutta la vita, la domanda di sesso da parte degli uomini è sostanzialmente maggiore, da 1 a 10 volte rispetto alle donne;

– fin qui il dato “contabile” delle ricerche, ma particolarmente clamorosa è la conclusione di un gran numero di studi convergenti su un aspetto: più importante ancora è il fatto che le donne non sono preoccupate della scarsità o dell’assenza di desiderio sessuale: per loro non è un problema. Lo è per i partner. (pag. 53)

– sul disinteresse sessuale femminile (qui l’autrice va corretta perché andrebbe specificato quanto la sessualità abbia sia una parte fisica – soggetta alla scarsa partecipazione delle donne – che soprattutto articolata sulla figura e immagine della persona, campo nel quale le donne brillano di luce propria. Il riferimento è per la moda e l’esibizionismo, aspetti tipicamente femminili e motore della società dei consumi, come già accennato) una ricerca spagnola (pag. 54) indica che il 25% dei maschi acquista prestazioni sessuali contro appena l’1% delle donne;

– proprio per questo il 20% delle pubblicità si presenta all’attenzione dei consumatori con argomenti sessuali o riconducibili al sesso (pag. 166) Da rammentare c’è la campagna pubblicitaria di successo della Calvin nel 1980 sui jeans dal titolo; vuoi sapere cosa c’è tra me e miei Calvin? E’ difficile dire da quando il sesso si è unito alla pubblicità (forse sono nati insieme); certamente sono particolarmente correlati;

– uno studio sugli uomini sposati e donne che cercano avventure sessuali attraverso siti d’incontri online, ha conteggiato un rapporto di 1 a 10 tra donne e uomini a favore di questi ultimi. In pratica ci sono 10 uomini per ogni donna che entra in rete per “giocare”;

– è interessante notare il commento delle Signore riflettendo sulle loro esperienze extraconiugali: non credevo che sarei stata capace d’essere così frivola godendone (pag. 150) Un’affermazione di questo tipo solleva degli spunti d’analisi molto ampi e profondi (ma ancora non esplorati dalla ricerca) sull’iniziale repressione autoindotta dalle donne nella loro sessualità. Pare che la cultura e il senso religioso, inducano il genere femminile a un livello di autocontrollo che necessariamente “esplode” in ambiti di relazioni occasionali extraconiugali. In queste condizioni non è ancora chiaro cosa appaghi di più: se la situazione o l’occasionale compagno;

– la Francia nel 1972 e nel 1992 ha condotto delle estese ricerche nel suo territorio, comparando i dati con altri 11 paesi europei, generando una delle più sofisticate analisi sul desiderio sessuale occidentale;

– le aziende farmaceutiche e di profilattici hanno svolto nel mondo negli ultimi decenni diverse indagini ma essendo on line con questionario a domande chiuse, il rischio che abbiano risposto solo persone particolarmente inclini al consumo sessuale, potrebbe aver inficiato la bontà dei risultati;

– l’autrice osserva a pagina 41: mi sono resa conto che quasi tutte le indagini in materia di sesso non raccoglievano alcuna informazione su quanto fossero attraenti gli intervistati. Il richiamo sessuale è rilevante per l’attività sessuale, eppure la maggior parte delle ricerche non si sforzava in alcun modo di misurarlo, o di stabilirne gli effetti sulla vita sessuale;

– un’attenzione particolare merita la ricerca effettuata nel 2008 dal Boston Consulting Group dove emerge come le donne si sentano felici con un animale da compagnia al 42% del campione, rispetto il 25% che dichiara l’intesa sessuale di coppia quale una fonte di felicità;

– l’industria del sesso esiste solo perché c’è una forte richiesta maschile d’intrattenimento. Eppure gli studi sui clienti sono molto più rari di quelli sulle donne che vendono servizi sessuali (pag. 182)
L’intensità dell’attività sessuale rilevata dalle ricerche

– da una ricerca americana, condotta da economisti, nel corso del 2004 emerge che mediamente l’intensità sessuale di coppia è pari a 2-3 volte al mese. Sotto i 40 anni sale a 4 (ovviamente come rilevato questa statistica vale solo per il territorio degli Stati Uniti). Altre ricerche confermano come in Africa ci si senta impotenti se non si ha un rapporto al giorno. In alcune aree del continente africano sono stati dichiarati 440 rapporti/anno mentre altre tribù, si attestano sui 230. Nel mondo occidentale l’intensità è pari a 24-120 volte/anno;

– c’è un altro particolare che emerge dalle ricerche. La pornografia è stata inventata dal genere maschile per le sue necessità, tratteggiando un mondo utopico dove le donne apprezzano il sesso come i maschi. Posta in questi termini, la pornografia cambia completamente volto. Da qualcosa di becero e scadente della personalità diventa una richiesta. La domanda che si pone è: perché le donne dovrebbero apprezzare meno il sesso? La risposta è già stata studiata dalla Hakim, ma non c’è (al momento) risposta sulla reversibilità di questo processo secolare che vede comunque 2 persone (uomo e donna in coppia) desiderose di vivere insieme pur con differenze così acute in tema di espressione affettiva. La ridotta attività e desiderio sessuale è un atteggiamento strutturale delle donne o una patologia curabile come l’eiaculazione precoce nei maschi?

– sicuramente la misoginia (l’odio dei maschi per le donne) che nel periodo 2013-2014 prende il nome di femminicidio, ha certamente una sua radice in questo “essere diversi” tra uomo e donna, non ancora risolto. La risoluzione richiede probabilmente una semplice accettazione culturale del dato di fatto. Certamente l’altra faccia della misoginia si chiama piropo, ovvero il corteggiamento esagerato con un grande uso dei complimenti. Su questo piano esiste anche il lokkismo, ovvero l’antipatia puritana per la bellezza e la sessualità femminile. Quanto tutto ciò è solo frutto dell’esuberanza maschile e non anche una risposta a una espressa necessità delle donne d’essere cercate, ammirate e, in definitiva, corteggiate? Come sempre è saggio che ogni manifestazione umana sia contestualizzata e armonizzata considerando acquisiti due semplici dati di fatto: alle donne piace essere corteggiate e agli uomini “provarci” (vedi deficit sessuale maschile quale elemento strutturale del comportamento degli uomini) 

La sessualità come rappresentazione

– Per Simone de Beauvoir, femminista francese (1908-1986) la sessualità è in gran parte una rappresentazione che interagisce con la teatralità dell’abbigliamento, dell’atteggiamento e del richiamo sessuale definendo così un’opera d’arte;

– George Orwell nel suo 1984 riferito allo stato totalitario ritiene il sesso come un atto politicamente sovversivo, un’espressione provocatoria affidata al singolo rispetto la collettività e per questo non controllabile dallo Stato. Nell’ex Unione Sovietica il sesso era incluso nel matrimonio e le relazioni extra coniugali, una prassi sovversiva penalmente perseguita perché frutto di individualismo e autonomia personale. Più o meno come il secondo figlio nella Cina comunista di oggi. Si tratta di particolari troppo spesso taciuti ma che rinnovano l’importanza della libertà individuale rispetto i governi comunisti totalitari ancora in attività nel mondo;

– il carattere anarchico della sessualità sconvolge e inibisce ogni controllo sociale (pag. 77)

Gli effetti della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e Settanta

– La rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e Settanta ha prodotto un’esplosione della sessualità nei paesi occidentali, ma le popolazioni delle società capitalistiche occidentali continuano ad avere un’attività sessuale assai meno intensa rispetto ad altre culture. La grande varietà delle culture sulla sessualità è stata rivelata da recenti ricerche. (pag. 40 del Capitale Erotico)

– a pag. 42 si spiega nel dettaglio cosa abbia rappresentato la rivoluzione sessuale: negli anni Sessanta l’avvento della pillola e di altri sistemi affidabili di contraccezione, per la prima volta nella storia, ha conferito alle donne il controllo diretto sulla propria fertilità. Questo ha portato a un massiccio cambiamento nell’investimento da parte delle donne nell’istruzione e nella carriera e, in ultima istanza, alla rivoluzione delle pari opportunità; c’è da chiedersi se la rivoluzione sessuale abbia avuto un effetto comune in tutte le società occidentali, anticipando quei fenomeni di massificazione dei consumi oggi apparentemente comuni nella globalizzazione. In queste poche righe è contenuto un concetto pertinente al saggio ma d’inusuale contestualizzazione: il fallimento della globalizzazione. Fortunatamente le differenze culturali hanno retto all’impatto della standardizzazione dei consumi. Oltre a ciò, i massicci trasferimenti d’imprese dall’Occidente ai paesi del Terzo Mondo -delocalizzazione- hanno prodotto una delle disoccupazioni più acute nella storia in tempo di pace – specie giovanili – nel mondo organizzato, trascinandolo nella seconda più importante e prolungata crisi della sua storia moderna. Gli effetti del conseguente disorientamento sociale e affettivo, il ritardo nella costruzione di una coppia e nell’assumere la responsabilità di genitori, rispetto le precedenti generazioni degli anni Cinquanta e Sessanta, hanno prodotto una diretta influenza destabilizzante nell’amore di coppia da cui quel 42% tra separazioni e divorzi che aggrava la qualità della vita sociale in Italia in questi ultimi 10 anni. L’argomento pur drammatico e stato così poco esplorato.

Scopata senza cerniera

– Il riferimento è al libro di Erica Jong del 1973, Paura di Volare. Per la prima volta una donna nella società occidentale parla del sesso occasionale, privo di qualsiasi impegno affettivo, ricalcando quanto agli uomini piace e tentano di praticare. A distanza di quarant’anni sono pochissime le donne che si rivolgono a un sesso edonistico. Resta lo stupore, rilevando il ritardo nella capacità femminile di sapersi esprimere rispetto a secoli di libri pubblicati. Probabilmente solo la rivoluzione sessuale ha consentito anche la liberazione nella pubblicazione di libri scritti da donne sulla loro sensibilità intima;

– su questo piano la bibliografia non è particolarmente lunga. Va ricordato Una donna a Berlino affronta con assoluta schiettezza le relazioni di scambio tra capitale economico e quello erotico in una Berlino invasa dall’Armata Rossa e donne stremate dalla fame;

– in un livello completamente diverso c’è Married to the job della Janet Finch dove si esplora la carriera di coppia con mogli in grado di gestire i doveri professionali dei mariti.
Il concetto di sessualità nella cultura occidentale

– La mia conclusione è che il deficit sessuale maschile è maggiore nelle culture anglosassoni protestanti (pag.70) e ancora, l’etica protestante ha fatto ben più che promuovere il capitalismo: sembra abbia rovinato la vita sessuale di molti individui (pag. 71) L’autrice torna su un tema dibattuto più volte nel libro, per cui il mondo anglosassone protestante soffr molto di più di quello europeo continentale, la spontaneità sessuale. La motivazione risiederebbe in quella che Max Weber definisce l’etica protestante del lavoro come predestinazione per ingentilirsi il rapporto con Dio. Su questo aspetto il testo della Sciolla – Sociologia dei processi culturali è molto esplicativo. Non bisogna infatti pensare che gli unici fattori individuati da Weber come rilevanti nella spiegazione dello sviluppo capitalistico siano di tipo culturale. In altri lavori Weber mette in luce altri fattori, come la formazione della città occidentale , quella dello stato e del diritto razionale. Tuttavia è ai fattori culturali che egli dà la preminenza. Senza l’affermazione prima e la diffusione poi dell’etica protestante, ossia di una particolare configurazione di valori e di credenze di tipo religioso, l’agire sociale avrebbe seguito altre strade. (pag. 199) Il concetto così espresso dimostra come il capitalismo sia figlio della secolarizzazione del senso religioso, quello stesso che già Sant’Agostino nel libro De civitate Dei aveva finalizzato alla sola riproduzione della specie. La religione cristiana e quindi anche protestante, rende la sessualità una sua vittima, ovvero una manifestazione umana peccaminosa. Laddove questo è un fatto, la soluzione è stata ricerca dalla singole persone in ambito di secolarizzazione della società, che però e purtroppo ha prodotto impoverimento spirituale ed emotivo;

– Un tempo i differenziali di genere erano considerati universali e innati (per esempio nella capacità matematica ritenuta inferiore nella donna) ma in seguito si è scoperto che erano una costruzione sociale e potevano essere eliminati offrendo anche alle donne uguale accesso all’istruzione. Ciò nonostante, due differenziali di genere rimangono immutati: (..) l’uomo è più aggressivo e ha un atteggiamento diverso verso la sessualità. L’omicidio e la promiscuità, restano una specialità maschile. (..) Un fattore aggiuntivo è che gli uomini attribuiscono maggiore importanza allo stimolo visivo, all’apparenza e al richiamo sessuale. (pag. 74)

– la storica Gerda Lerner ha affrontato frontalmente diverse teorie elaborate da Engles per spiegare la nascita dal patriarcato nella transizione dalle società semplici di cacciatori e raccoglitori ai regni della Mesopotamia. Per la Lerner la necessità fu solo riconducibile alla sicura trasmissione di beni tra padre e figli evitando di disperdere il patrimonio di famiglia. Questo perché tra i 20mila anni a.C. fino agli 8mila l’assenza di Dei ma la sola presenza di Dee (al femminile) lascia intendere come le donne fossero state molto libere nella loro ricerca di piacere e di procreazione. Tutto cambia dal 3mila a.C. come attesta la studiosa Julia Stonehouse, dove l’uomo entra nella scena sociale chiamato alla tutela del patrimonio familiare. Ciò ha comportato un controllo della sessualità femminile a la suddivisione tra mogli e prostitute. La considerazione sociale è servita per questa classificazione;

– in Europa il cristianesimo e il patriarcato hanno lavorato fianco a fianco per marginalizzare la sessualità svalutando l’eroticismo (pag. 83)

– A partire dal VI secolo, la lussuria è divenuto uno dei sette peccati capitali (pag. 83) Nella nostra cultura cristiana c’è una dicotomia tra spirito e corpo non riconosciuta in altri culture. Non che questo rappresenti un problema in ambito di originalità e di scelta allo sviluppo, però è un particolare che va considerato e trova origine già nella cultura greca. Ancora più interessante è l’enfasi sul dolore e la sofferenza tipica del cristianesimo. Si tratta di elementi che messi insieme dimostrano quanto culturalmente disincentivante, verso il sesso sia il senso religioso nella cultura occidentale, senza che sia possibile trovare un perché.

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