C’è un affollamento di commentatori che si affannano nello spiegare che le abitudini non vanno modificate, in particolare dopo i fatti di terrorismo o comunque drammatici, vissuti a Parigi e in Belgio. La domanda che ci si pone è perchè non dovrebbero essere cambiati questi stili di vita? cosa accade se dovessero cambiare le abitudini? Nel caso le abitudini dovessero mutare, forse ci sarebbe un ridotto scambio nelle compravendite d’immobili, nei consumi (bar, ristorante, fiori, cinema) ma anche una contrazione nell’uso/abuso d’internet e dei social (che non riescono a concludere nulla, anno oggi se non a limitarsi al fumo di pensiero mai svolto – eccesso di sintesi) e magari si andrebbe di meno in discoteca, quindi ci si ubriacherebbe di meno, i coniugi starebbero più tempo a casa e ricompererebbero le loro famiglie. Ragionandoci sopra emerge che la “difesa” delle abitudini in realtà non risponde a un bisogno culturale di reazione al dramma, ma alla tutela di un assetto di consumo che negli ultimi anni ha portato a:
- divorziare al 42%
- al 60% di abbandoni nella coppie non sposate
- a una ridotta capacità di studio quindi di riflessione, pertanto abbiamo donne e uomini più superficiali
- dal tutto deriva anche una ridotta capacità delle donne adulte di controllare i loro uomini (vedi femminicidio)
L’augurio che viene fatto a tutti è quello di metabolizzare il dramma attraverso la revisione dei modi di comportarsi per pulire e rinnovarsi la propria vita, quindi sapersi identificare nuovamente. Tutti coloro che dichiarano “non dobbiamo cambiare gli stili di vita” vanno quindi considerati in cattiva fede e immaturi, perchè cercano di difendere qualcosa che cade a pezzi (l’attuale società contemporanea e globalizzata) Il rinnovamento (come se fosse primavera) comporta cambiare per crescere! In gamba.