Il branco che non ragiona è la definizione qui applicata a un gruppo ideologico ben preciso. In Facebook esistono dei gruppi di natura politica, presenti attraverso molti siti. Queste pagine web sono sia aperte che chiuse, ovvero dedicate solo a chi ne fa parte. Ho studiato il linguaggio del gruppo dal 1° dicembre 2016 al 3 gennaio 2017. In tutto sono stati analizzati 20mila messaggi. Il 7% di queste comunicazioni sono rivolte al ricordo storico celebrando un fatto avvenuto nel passato. Il 92% sono frasi di rito del tipo buonanotte, buongiorno, un saluto etc. L’1% delle affermazioni riguardano l’attualità.
Il branco che non ragiona, si conferma in questo modo come un gruppo molto coeso, cementato dal vittimismo. Non solo, ma anche da un ossessivo “ricordo” del passato. Non ci sono cenni di sviluppo al presente. Detto meglio, nel branco che non ragiona, non ci sono elaborazioni sufficienti per capire come stia evolvendo la società e la storia.
Che nessuno possa interpretare questo studio come una critica alla celebrazione storica! Il punto è un altro. Quando il ricordo storico diventa una scusa per chiudersi, estraniandosi dal presente che non vuole essere considerato. Infatti ogni invito, formulato dal ricercatore tra il 2 e il 3 gennaio nel dare concretezza al messaggio oltre la frase di rito, ha prodotto la sua esclusione. Anche la metodica d’esclusone dal branco è significativa. Cacciato via con spergiuri. Questa modalità rabbiosa segnala il vittimismo strutturale del gruppo, usato come collante. Del tipo “solo noi possiamo capirci…” quindi la base del gruppo chiuso, del branco.
A difesa dei gruppi chiusi osservati, si potrebbe affermare che sono solo degli ambiti di memoria storica. E’ vero, anche i vinti hanno diritto alla memoria. Questo sarebbe giusto quando il ricordo storico non entra anche nella politica. Nel momento in cui la memoria nasce come caratterizzazione politica, allora deve sapersi proiettare anche al presente e al futuro, se vuole vivere.
La confusione, nel branco che non ragiona, è strutturale. Mi spiego meglio. Celebrare alcuni eventi d’indubbia ingiustizia (il vincitore che si scatena sul vinto di cui la storia è piena d’esempi) produce un vittimismo necessario al clan per sentirsi branco. Questo sentirti “vittima”, è il cemento necessario alla coesione che diventa pericoloso quando entra in politica. Ecco il punto critico. Si dovrebbe giungere a quella maturità che sa distinguere lo studio e il ricordo storico dalla significato politico. Questo livello non è ancora maturo o non ci sono le persone capaci per un’evoluzione di tale portata, al momento. Dobbiamo attendere. Peccato che il branco che non ragiona, respinga ogni apporto culturale, che non sia strettamente celebrativo e spento sul solo ricordo.