L’11 settembre coglie l’essenza più ricca e viva dello spirito americano indipendentemente dal trascorrere del tempo
Non c’è nulla da fare, l’Europa non riesce a comprendere quanto sia importante il culto del sacrificio per la compattezza di una società moderna!
11 anni fa, 11 settembre 2001, ben 3.000 persone furono vittime di un attacco terroristico. Da allora, giorno per giorno, proseguono a morire altri americani nei teatri di guerra, dove il confronto è tra l’Occidente e il mondo islamico fondamentalista aggressivo.
Gli europei in genere si sentono più vicino agli Usa con la presidenza Obama che ai tempi di Bush. Nonostante ciò, oltre quelle simpatie che oggi ci sono e prima no, a Las Vegas proseguo a incontrare una grande quantità di giovani coppie statunitensi dove a uno dei parter manca un arto, senza che si sentano menomati o vittime. E’ lo spirito dell’11 settembre che considera dei mutilati come degli eroi e non sto affatto esagerando. In ogni ufficio postale, supermercato o scuola c’è un muro degli eroi con le foto applicate dei locali in guerra, caduti o tornati. Lo spirito dell’11 settembre si rende così parte integrante del quotidiano.
Ecco dove la ferita non fa cicatrice chiudendosi nel tempo. Oggi il reduce di guerra, evitando la vergogna subita negli anni Settanta con la Guerra del Vietnam, è un eroe. Grazie allo spirito dell’11 settembre il mutilato è un’istituzione sociale. Colui che è deceduto un eroe. Su questo aspetto non c’è differenza tra democratici e repubblicani, perché “l’eroe” coglie i sentimenti più profondi di una Nazione. Nel ricordo delle vittime, morti, feriti e mutilati, dal 2001 ad oggi, l’America ha saputo costruire un mito che aggrega tutto il Paese in compattezza sociale.
Siamo giunti al punto.
L’Europa non capisce l’America e questo perché il vecchio continente ha ceduto sul piano della compattezza sociale. Noi abbiamo simpatie, umori, i cinque minuti, la faziosità. Ci manca il senso di comunità nazionale, di quella che va oltre la squadra del cuore come il partito votato. Gli italiani non sono gli americani, perché hanno perso motivi aggreganti, il culto del mito, il concetto d’eroe attualizzato ad oggi rispetto alle due guerre mondiali. Poco importa che non abbiamo anche noi un 11 settembre, la differenza è culturale e profonda.
Può una società vivere senza memoria e miti? In effetti è possibile, ma ci si perde nel nichilismo (nervosismo diffuso, l’uso dell’urlo anziché della parola, conflittualità strutturale, incapacità d’ascoltare e forte propensione all’infedeltà ai valori come l’amore, la coppia, l’impresa, il lavoro)
La vita senza valori è veramente squallida! Come fare per recuperare? Non c’è nulla da fare, dobbiamo sforzarci a livello individuale per riprendere quei valori d’affetto, comprensione e dignità che servono per sentirci parte di qualcosa. Su questo piano le imprese possono fare molto, suggerendo ad esempio, al sindacato la difesa dell’interesse nazionale, più che quello corporativo o sul singolo posto di lavoro. E’ il caso dell’Alcoa, sapendo che un posto di lavoro costa, da anni, alla collettività 14mila euro al mese sotto forma di agevolazioni. Tornando alle imprese e al lavoro come valore, ecco il punto di partenza al coagulo nazionale. Il lavoro è un valore da conquistare. Le aziende sono un interesse nazionale da tutelare.
Da qualche parte bisogna rincominciare; ecco una via percorribile che vede ogni imprenditore punto di rinascita collettiva.
Buon lavoro.