Zygmunt Bauman, il mio papà
Al prof. Zygmunt Bauman devo veramente molto. Da studente, in fase di tesi di laurea, mi rivolsi a Lui.
Dentro di me già provavo un profondo senso di disagio dagli anni 2000 in poi, senza capirne il senso e la portata. Francamente non sapendo come gestire un qualcosa che “mi mordeva dentro”, provai a rivolgermi ad altri professori. Molto intesa fu la prof. Bianca Barbero Avanzini, dell’Università Cattolica di Milano. Grazie alla sua impostazione di sociologia della famiglia e della devianza, e io suo fedele studente, iniziai a intuire qualcosa. La stessa prof. Avanzini mi rinviò per approfondimenti a uno dei padri fondatori della sociologia. Lo sconosciuto e poco capito Georg Simmel. Proseguendo la ricerca mi rivolsi alla prof. Marina Nuciari, dell’Università di Torino. L’impostazione di sociologia militare della prof. Nuciari, unito all’input della prof. Avanzini e agli studi su Simmel, mi condussero alle ricerche della Catherine Hakim. Il testo “Capitale erotico”, della Hakim, fu di base per collegare il concetto di capitale umano di Pierre Bourdieu, al disagio sociale di Bauman.
L’obiettivo fu cercare un nesso tra la globalizzazione e la crisi della società.
Nel dettaglio il punto fu: è vero che recependo l’instabilità lavorativa si compromette anche la vita affettiva?
Spiegato in termini più semplici ci si riferisce a un travaso di instabilità.
Dalla precarietà lavorativa si passa all’instabilità affettiva.
Questo passaggio (non previsto da alcuno) ha prodotto degli effetti terribili nella società occidentale.
In dettaglio, come spesso citato nei miei studi, divorzi al 43% del totale e abbandoni, nella coppie di fatto, al 60%.
Com’è accaduto tutto questo?
E’ accaduto perchè nessuno ha voluto collegare l’economia alla sociologia. Si tratta di un vero scollamento, come se la vita fosse a compartimenti stagni. Il limite della cultura moderna è la sua eccezionale specializzazione perdendo il quadro d’insieme. Non abbiamo più una “Teoria generale”.