USMCA indica il nuovo accordo commerciale nord americano tra Stati Uniti, Canada e Messico al posto del precedente (NAFTA).
Perchè stato necessario cambiare l’accordo? Semplice, specialmente dal Messico, gli Stati Uniti hanno subito una vera e propria invasione di prodotti che hanno posto in crisi l’industria manifatturiera statunitense. Questo non è più tollerabile, quindi gli accordi sono stati rivisti.
In era globalizzata si è sempre ipercritici verso le novità specie se cambiando le regole precedenti. Questo è un difetto della globalizzazione.
Ovviamente le critiche sul nuovo accordo USMCA e in particolare sul Presidente degli Stati Uniti sono state come sempre esagerate e faziose. Nonostante ciò, con l’intenzione del FARE tutelando il posto di lavoro dei partecipanti all’accordo e delle rispettive maestranze si è pervenuti all’USMCA.
La novità dell’accordo è che restringe gli spazi d’ingresso commerciale da parte di altri paesi che non siano quelli che effettivamente abitano il continente nord americano. Tradotto in pratica si tagliano le occasioni commerciali degli europei e cinesi nel caso non aprano stabilimenti di produzione in Nord America.
Si conferma il superamento del vecchio modello produttivo dove si produceva in un paese per esportare in un altro (in questo l’Italia, il Giappone, la Germania e meno di tutti la Cina, vantano una lunga tradizione).
La nuova prospettiva commerciale mondiale prevede il completamento produttivo nel paese di destinazione del manufatto. Tradire questa nuova impostazione significa soggiacere ai dazi, ovvero una tassa che riequilibri il danno sociale arrecato al mercato di smercio dei prodotti dal non aver impiegato manodopera locale.
Questa è la dottrina Trump.
Dettagliatamente il trattato USMCA in vigore dal 30 settembre 2018 si sviluppa su 8 aspetti:
– elevare dal 62,5% al 75% la vendita di autovetture prodotte in Nord America tagliando l’import dall’Europa in particolare;
– salvaguardare un salario minimo di 16$/ora. In particolare il 40% del valore delle auto e il 45% dei furgoni o truck venduti nel continente, deve provenire da imprese che paghino il salario minimo di 16 dollari all’ora. Nel caso di mancato rispetto di questi criteri scattano dazi al 2,5 sull’import alle auto e automezzi quindi del 25% sui pezzi di ricambio;
– evitare le pratiche di dumping largamente utilizzate dai canadesi ( si tratta dell’articolo 19 del Trattato);
– revisionare e rinnovare il contratto ogni 16 anni rispetto i 5 richiesti dall’amministrazione statunitense;
– tutele per gli allevatori e produttori di formaggio statunitensi verso i dazi canadesi;
– sono previste delle limitazioni che applicheranno le singole amministrazioni statali locali come federali alla partecipazione di imprese canadesi o messicane alle gare indette dagli Enti pubblici. Precedentemente l’accesso a tutte le gare era libero;
– il Canada e il Messico non possono stipulare accordi commerciali con la Cina senza la preventiva autorizzazione statunitense pena il ritiro e l’uscita degli Usa dall’accordo;
– il 3,59% del mercato canadese di latticini, latte in polvere e proteine del latte viene aperto ai produttori statunitensi.
L’accordo USMCA è il frutto di un forte impegno del precedente presidente messicano ora non confermato nell’incarico; il signor Enrique Pena Nieto.
In realtà il grande assente nelle trattative d’aggiornamento dell’accordo NAFTA ora USMCA è stato proprio il Canada.
Al contrario l’amministrazione messicana uscente, si è particolarmente prodigata nel trovare un accordo con il potente stato confinante.
Se fosse dipeso dal solo Canada forse oggi non ci sarebbe alcun accordo e questa ritrosia non deriva da questioni ideologiche quanto di pura e semplice antipatia e ricerca del consenso globale da parte del leader canadese.
Al contrario e molto pragmaticamente, l’ex leader messicano Enrique Pena Nieto ha saputo tessere la trama di un Trattato che oggi si chiama USMCA.