Una politica militare concordata o no con la Ue (quello straccio di coordinazione politica che dovrebbe ancora sopravvivere) è quanto necessario per ogni Nazione in Europa. Si chiarisca che non c’è sovrapposizione tra Europa ed Ue. Quest’ultima è una parte del Continente.
In Europa ci sono 45 Nazioni mentre la Ue si limita a 27 Paesi.
Il rischio di guerra nel Vecchio Continente non riguarda 27 comunità nazionali, che avrebbero dovuto giù fare qualcosa negli ultimi decenni, ma l’intera base continentale!
Serve interloquire con 45 Stati oltre a prepararsi ogni realtà nazionale per conto suo.
In realtà è quanto la Francia, per bocca del suo Presidente, ha già promesso in caso di rielezione. Potenziare una forza militare francese, che ci sia o no quella comunitaria.
La prospettiva di Francia è saggia, dove si trova ora quella italiana quando i tedeschi hanno pensato alla loro?
Chiarito che c’è un problema di responsabilità da imputare ai vertici della Ue degli ultimi 30 anni, per non aver “saputo immaginare” la difesa comune, ora serve un altro passaggio.
Una politica di difesa è quella che si è avuta tra il 1946 e il 2022 ed ha dimostrato il suo fallimento. Al posto della “difesa” serve ora un pensiero militare che proietti la forza necessaria ovunque sia per difendere/ribadire/affermare i valori dell’Occidente.
Ad esempio l’Italia! Se la cultura italiana va ribadita in Congo, con la politica militare possiamo agire senza pretendere che l’offesa lambisca i nostri confini.
Come la Francia, serve anche per l’Italia unità mobili (aerosbarco) da inviare rapidamente nei teatri d’operazioni richiesti.
Questa capacità di proiettarsi oltre il limite di confine lambito o no dall’attacco, non si chiama “difesa” ma politica militare.
Sono anni che questi concetti vengono esposti e la risposta istituzionale e politica è sempre stata: fascista! Oggi si può replicare serenamente a chi critica/offende con “comunista!” E’ bastata la Russia nazionalista e comunista a permettere il miracolo. Grazie Russia.