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Una generazione al 50% Le grandi crisi e i calcoli a metà

by Giovanni Carlini
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Una generazione al 50% significa che abbiamo troppi figlioli (gente sotto i 40 anni) con l’incarico di manager. Un dirigente ha generalmente  25 anni d’esperienza e un’età dai 55 anni in poi; gli altri sono ragazzini.

Una generazione al 50%. Osserviamo quanto accaduto nella crisi dei subprime (primo esempio)

Tutto ha funzionato (e anche bene) finchè il mercato immobiliare cresceva di valore. Come la tendenza si è invertita il modello finanziario utilizzato, anche se particolarmente sofisticato, ha fallito e tutto è miseramente crollato.

Spostiamo la visuale su un altro fenomeno: la globalizzazione (secondo esempio)

Per mascherare un mero fenomeno di speculazione imprenditoriale, la globalizzazione è stata trasformata in evento culturale d’aiuto a popolazioni povere nel mondo. Si tratta di mera finzione!

Questa mistificazione “inventata”, solo per coprire una semplice speculazione, che ha comunque arricchito molte persone (troppe), ha funzionato solo a metà. L’errore di fondo, che non hanno saputo prevedere nei tardi anni Novanta gli imprenditori statunitensi in primis quindi quelli europei, è che l’intero impianto si sarebbe fermato appena la disoccupazione, in Occidente, sarebbe giunta alla soglia del 10%

Poco male dicono molti speculatori, perché comunque “hanno fatto i soldi” però i cocci del sistema adesso sono di tutti. Anche in questo caso la globalizzazione ha fallito, perché non ha saputo prevedere e gestire “l’inversione del mercato” ovvero che, attraverso la disoccupazione, avrebbe stroncato la capacità di spesa di quei consumatori per cui i beni vengono prodotti a costi più bassi all’estero.

Cosa hanno in comune questi 2 aspetti, ovvero la crisi subprime e la globalizzazione? L’incompletezza. Sono stati entrambi pensati a metà dei loro effetti senza progettare alcuna reazione quando il ciclo sarebbe cambiato. In conclusione valgono il 50%. Ecco perchè si parla apertamente di una generazione al 50%.

L’altro giorno noto nel traffico cittadino una motoretta che tagliando la strada a una Golf prosegue per la sua via. Il guidatore della Golf “offeso” da questo comportamento si lancia in un audace slalom, alquanto spericolato per cercare di raggiungere il motociclo e “fargliela pagare”, senza però riuscirci. Anche in questo caso l’autista ha dato ascolto solo alla rabbia e al “disonore” d’aver forzatamente lasciato la precedenza a chi non ne aveva diritto, ma non ha minimamente riflettuto sul rischio d’incidente che avrebbe causato ad altre auto o al conduttore della moto se l’avesse finalmente centrato o fermato, per “dargli una lezione”.

In questo caso stiamo parlando di stamattina e come al solito la prospettiva si ferma sempre al solito 50% del problema: la rabbia dimenticandosi di gestire le conseguenze.

Andrebbe ricordato a questo soggetto quanto l’ira sia la metastasi della mente, ma forse non capirebbe.

Gli esempi possono proseguire e toccare mille altri aspetti che ognuno di noi conosce perfettamente. La domanda di base che ci si pone però è se anche 50 anni fa, come 60 per non andare troppo indietro nel tempo, si viveva come oggi in Italia. Indagando potrebbe essere che la “rabbia & superficialità” di oggi ci sia stata anche allora (non credo) ma i termini andrebbero tradotti più in ignoranza che conflittualità.

La gente prima litigava di meno, oggi non fa altro che abbaiarsi l’uno sull’altro. La superficialità e incompletezza di visuali (appunto saper considerare solo il 50% delle opzioni) e il nervosismo-ira-conflittualità che ne deriva, solo apparentemente sembrano aspetti diversi, in realtà rappresentano due facce della stessa moneta. Chi si adira ha sempre una visuale incompleta, altrimenti reagirebbe meglio.

Queste considerazioni tipicamente sociologiche, trasferite nella vita quotidiana aziendale, sollevano almeno due tipi di considerazioni:

– quanto costa in tempo perso e quantità di cose fatte in meno, l’organizzazione nevrotica;

– quanto costa in perdita di fatturato il considerare i diversi aspetti di un problema al 50% (vedi le 200 imprese che nel milanese rischiano la chiusura per fallimento per aver sottoscritto superficialmente con le loro banche dei contratti dei contratti di tutela dalle oscillazione dei cambi che oggi, con lettere di malleva si sono rivelati capestro)

 

Conclusione a una generazione e al 50%

Nella fascia d’età tra i 30 e i 50 scarsi, principalmente in Occidente, oggi c’è una generazione che lavora, dirige, soffre e lotta quotidianamente agendo in un panorama decisionale, culturale ed emozionale pari al 50% rispetto alle generazioni più mature.

Questo vuol dire essere impreparati.

In un mondo di questo tipo avanza sicuramente chi ha maggiore capacità d’analisi e sintesi (tipicamente le donne) ma arretrano inesorabilmente coloro che non hanno più l’umiltà di riprendere a studiare per allargare la mente e imparare a capire di più.
Per riempire questo gap serve studiare:

quanti libri all’anno leggono i nostri imprenditori?

Quante ore di formazione sostengono?

Quante idee producono?

Sicuramente c’è da considerare un particolare: come ha fatto un mondo così superficiale a subire la “grande crisi” solo nell’estate 2008? Buon lavoro.

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