Considerazioni di politica internazionale
1914-2014: non facciamoci impressionare!
28 giugno 1914. Sarajevo, 2 colpi di rivoltella e 10 milioni di morti. Questo è il titolo di un prezioso libro presentato qualche settimana fa, nelle librerie in Italia, sulla prima guerra mondiale dallo storico Emilio Gentile, famoso per i suoi studi sulla crisi della modernità. Un paragone diretto tra la crisi in corso in Crimea e lo scoppio delle ostilità nel 1914 è stato pensato dal prof. Parsi, dell’Università Cattolica di Milano, facoltà di Scienze Politiche, sulle colonne del Corriere della Sera, un mese fa. Non c’è quindi da stupirsi se il confronto tra le due annate, seppur a un secolo di distanza, per mezzo di ragionamenti, o solo in forza di fatalismo, sia aperto. Analizzando più a fondo i due eventi storici provenienti sia da Sarajevo nel 1914 che dalla Crimea in queste ore, emergono delle importanti similitudini e differenze che sono:
a) oggi come allora, manca una figura di statista leader, unanimemente riconosciuto, dotato di ampie vedute a cui ricorrere;
b) va rilevato però, come nel 1914 la decisione di muovere guerra alla Serbia da parte dell’Impero Austro Ungarico, da cui tutto il resto seguì, fu preso da un esiguo numero di persone tra miliari e politici, cosa assolutamente impensabile oggi. Infatti sia in Germania che in Russia, come in Francia e Gran Bretagna, le decisioni del 1914 furono assunte da una cerchia ristretta di notabili. Oggi, perlomeno ci sono dei parlamenti maturi in grado di arricchire i punti di vista. E’ anche vero però, che oggi le decisioni potrebbero non possono essere condivise rispetto al pre-riscaldamento di testate nucleari multiple. Quindi è vero che in questi decenni più teste ragionano (in assenza di un leader), ma ci sono degli automatismi che possono includere delle risposte automatiche non concordate (per assenza di tempo).
Conclusi i paragoni storici si apre anche un imbarazzo nell’esaminare il referendum appena avvenuto in Crimea che esprime comunque una volontà, forse estorta, ma significativa. Con una partecipazione al voto all’83% della popolazione residente, il 95% si dichiara a favore della Russia. Potrà anche non essere considerata valida la votazione in ambito internazionale, ma il dato è inequivocabile: l’Ucraina non è una scelta in Crimea.
Ora che cosa accade? La partita potrebbe anche essere conclusa avendo soddisfatto il senso d’inferiorità russo con l’annessione della Crimea, ma la risposta Ue e statunitense? Sulla presa di posizione europea contro la Russia non ci crede nessuno, benché dovrebbe essere un argomento da far pesare alle imminenti elezioni per congedare una classe politica non adeguata al progetto europeo. Cambia completamente il quadro di riferimento se osservato dalla parte degli Stati Uniti, ovvero di un’amministrazione agli sgoccioli, che sta cercando un motivo d’orgoglio per caratterizzare due mandati piuttosto deboli da ricordare nella storia.
Ecco il duello: un bisogno d’affermazione e leadership americana e un senso d’inferiorità russo da placare. Sembra che entrambi vogliano misurare le proprie debolezze. La Cina non ha la statura e la forza per dire la sua, che sarebbe comunque fuori luogo. L’Ucraina ha scelto di allontanarsi dalla dittatura, non di scambiarne una per l’altra. Come il confronto Usa/Russia sta avvenendo in queste ore? Il dollaro, lo sappiamo è un “killer”, ovvero una moneta in grado di cambiare le tendenze nel mondo. Oggi è sotto quotato rispetto alle altre solo per scelta americana, non per una presunta forza dell’euro. Spesso è necessario capovolgere gli estremi del ragionamento per capirne le dinamiche. La prospettiva più immediata e credibile sui mercati internazionali è che sia stata aperta una offensiva finanziaria statunitense contro il rublo, per trasformalo in carta straccia, il che è possibile e in breve tempo con un tonfo drammatico di ogni titolo espresso in quella divisa. Con questa prospettiva a breve, l’aver votato per trasferirsi in Russia, in quanto economia più florida rispetto all’Ucraina, diventa un errore che si ritorce contro.
Che si stia aprendo un’era dove è saggio tornare a votare secondo principi?