Conti in regola
di Giovanni Carlini
Le medie e grandi aziende spesso hanno dei picchi di lavorazione che non riescono a gestire agevolmente, in particolar modo in questi ultimi tempi, dove il poco lavoro s’accavalla con il troppo. Per garantire una corretta “quadratura del cerchio” ci sono in Italia delle imprese di meccanica, altamente specializzate in assemblaggi per conto terzi; è il caso della Tecnomontaggi sas montaggi meccanici di precisione.
In una fase congiunturale particolarmente pesante e prolungata, il ritmo di lavoro è fonte di non pochi disagi, per le imprese italiane, ai fini della corretta contabilizzazione dei costi interni di lavorazione. In realtà questa problematica non vale solo in momenti difficili, ma interessa l’intera vita aziendale. Per gestire un problema di questo tipo, la Tecnomontaggi sas, www.tecnomontaggi-sas.it ha costruito la sua fortuna a partire dal 1989, nascendo su una richiesta specifica di decentrare la produzione della Main Group Spa. (un’importante nome del nord est) Oggi la Tecnomontaggi ha 30 dipendenti specializzati nelle varie mansioni, che operano in una sede unica di 4.500 mq.
L’attività è suddivisa in diverse tipologie che sono:
a) montaggio meccanico per conto terzi con diretta acquisizione dei materiali e materia prima, assicurando il completo assemblaggio su specifico progetto che il cliente ha già presentato alla Tecnomontaggi. Quindi realizzazione dell’impianto elettrico, pneumatico, oleodinamico, verniciatura, collaudo finale e spedizione;
b) la revisione completa o parziale di macchinari vari;
c) eventuale progettazione e quindi fasi medio-leggere di lavorazione in carpenteria o in meccanica di precisione per procedere al montaggio finale;
d) accogliere, in ogni fase di lavorazione, personale tecnico dell’azienda cliente per addestrarlo al montaggio e manutenzione del macchinario.
Entrando più nel dettaglio per tipologie di macchinari assemblati, in base ai dati 2011 si riscontra la seguente ripartizione di lavoro:
a) aspi e macchine per la lavorazione della lamiera pari a un 30% del fatturato, servendo tra i 3 e i 4 clienti diversi;
b) macchinari e connesse inscatolatrici per flaconi di vetro. Qui il carico di lavoro corrisponde al 20% con 1 cliente di riferimento principale;
c) macchine per lo stampaggio di materie plastiche; un impegno che vale il 5% annuo;
d) macchine per la lavorazione del marmo: un 3% annuo;
e) carrelli molatori per rotaie e linee ferroviarie: impegno pari al 15%
f) macchine per la produzione di bottiglie di plastica: vale il 10% con 1 cliente di riferimento;
g) macchine per calzature: 10% del fatturato e un cliente importante;
h) trattori multifunzionali per fonderie primarie di alluminio: 5%
Relativamente all’oscillazione nel carico di lavoro, tra queste componenti, ogni annata presenta le sue specificità, comportando variabilità nell’ambito del 10% tra un tipo di macchinario e l’altro.
INTERVISTA
Grazie per aver concesso in esclusiva, alla testata L’AMMONITORE questa intervista. Com’è noto stiamo cercando, in tutta Italia modelli ed esempi da proporre ai nostri lettori, al fine di reagire alla crisi che ci ha colpito, applicando sia idee nuove che risapute da tutti, ma spesso mal poste in pratica. Come a dire che le soluzioni ci sono, basta “vederle” (ecco il senso di questi articoli) e interpretarle nella propria realtà. Se questo esercizio fosse troppo complesso da affrontare in azienda, esistono sempre i consulenti che di mestiere svolgono proprio questo lavoro. Alle domande di intervista risponde direttamente il titolare dell’impresa.
Domanda: che cosa rappresenta Tecnomontaggi sul mercato?
Paolo Rossetto: un’azienda che monta macchinari per conto terzi in grado d’agire su una fetta di mercato di 200 km di diametro. Trovandoci a nord di Padova, serviamo principalmente il nord-est.
Domanda: che convenienza c’è a lavorare con voi per un’impresa manifatturiera italiana?
Rossetto: 20 anni fa è iniziata una tendenza, che si è poi accentuata negli ultimi 10, per cui i picchi di lavorazione hanno sempre più un’incidenza di costo maggiore rispetto i livelli standard di lavoro. Mi consenta un esempio per spiegarmi. Un’autovettura ha un consumo di carburante standard a una velocità di crociera in autostrada tra i 120 e i 130 km/h. Elevando l’andatura per sorpassi e “allunghi” su rettilineo, toccando anche i 150 km/h (appena venti in più) il consumo di carburante conteggiato sull’intero tragitto assume dei valori molto diversi dal previsto, imponendo un maggior costo. L’esempio è traslabile anche nella contabilità industriale dei nostri clienti. Forti di questa realtà, appena emergono dei “picchi” di produzione, per evitare una ricaduta di costo sul prodotto finito maggiore del solito, c’è tutto l’interesse a decentrare l’assemblaggio presso altra realtà. In questa logica nasce Tecnomontaggi.
Qui però c’è un’altra precisazione da fare. Non basta che questa “altra realtà” sia una succursale della casa madre, se confluisce nello stesso sistema contabile, perché in questo caso non avremmo quell’abbattimento dei costi sperati. Affinchè “la magia” si concretizzi, serve una dimensione d’impresa completamente diversa per impostazione, imprenditorialità e bilancio.
Domanda: se volessimo quantificare questo costo in meno nell’assemblaggio?
Rossetto: qui ci sono due parametri da prendere in considerazione. In merito al costo orario della manodopera noi riusciamo a lavorare con efficacia con 25 euro/ora contro i soliti 50 dei miei clienti. Questo dato però non deve indurre in errore sulla valutazione complessiva dell’assemblaggio per cui, complessivamente a prestazione eseguita, costiamo il 20% in meno rispetto al ciclo interno di lavorazione dei nostri clienti.
Domanda: possiamo approfondire questo concetto?
Rossetto: Tecnomontaggi ha una struttura organizzativa snella, non abbiamo grandi impianti e nessun ufficio tecnico, benché sappiamo progettare e leggere un disegno. Tutto il personale dell’azienda, tranne fisiologicamente la segretaria e l’amministrazione, siamo attivi nelle diverse fasi d’assemblaggio. Una simile concentrazione sulle attività da svolgere, oltre all’acquisto dei pezzi e della materia prima da lavorare, ci consente il confronto con i classici dell’organizzazione snella e lean production. Tutto qui. Poi, non è raro essere chiamati a montare sistemi che già avevamo realizzato nel passato, consentendoci ulteriori stadi di manualità e velocizzazione del lavoro.
Tutto ciò ci è noto con il termine di “industrializzazione di un progetto”.
BOX – Lean Production
Due studiosi americani, Womack J. e Jones D. studiando il metodo di produzione presso la Toyota, scrissero un libro, “La macchina che ha cambiato il mondo” (1991, pubblicato in Italia nel 1999) nel quale spiegarono la superiorità del sistema orientale rispetto l’occidentale nel settore manifatturiero.
Mentre negli USA e in tutto il mondo, si utilizza la produzione di massa (sviluppato dall’allora Henry Ford e Alfred Sloan) presso la Toyota è il cliente che “tira” il ritmo di produzione. Così facendo si riducono i livelli di giacenza in magazzino e gli sprechi di sovrapproduzione.
Lean production è un termine di sintesi per divulgare in Occidente questa cultura.
Domanda: chi sono i vostri clienti e operate anche all’estero?
Rossetto: il 100% dei nostri clienti è italiano, ma il 90% delle nostre realizzazioni viene collocato all’estero. Appare con un controsenso, ma questa è la nostra realtà. Processi di internazionalizzazione non li abbiamo mai studiati o posti in essere, per quel vincolo della economicità nella distanza che ho premesso all’inizio dell’intervista: 200 km di diametro. Con una territorialità così forte noi possiamo solo aprire delle officine in altre aree ma non è, al momento un nostro progetto, anche se riceviamo pressioni in tal senso da imprenditori che si sono trasferiti in Carinzia (Austria) di recente. Restiamo una ditta italiana capace d’interfacciarsi con il mondo.
Domanda: ci parli ora della sua azienda come fatturati, maestranze e clienti.
Rossetto: lavoriamo con una ventina di clienti realizzando macchine che oscillano tra i 5mila e i 50mila euro. La nostra forza lavoro si basa su 30 dipendenti producendo un fatturato di 5 milioni in crescita costante negli ultimi anni (dal 2009 al 2011). Per quello corrente pensiamo a uno sviluppo nell’ordine del 10% considerando i fatturati del primo semestre e il carico di lavoro acquisito. Sul 2013 siamo in difficoltà nel formulare una tendenza di fatturato credibile; è corretto dire che siamo moderatamente ottimisti in un momento di reale sofferenza per l’intera economia industriale.
Domanda: ci è parso di capire che il fattore umano in Tecnomontaggi sia molto curato.
Rossetto: abbiamo dipendenti che lavorano da noi da 24 anni e così probabilmente concluderanno il loro ciclo lavorativo. Siamo molto attenti e “gelosi” della nostra gente che maturando e invecchiando in questa impresa, apportano sicurezza, conoscenza e ingegnosità. Sicuramente abbiamo degli operai specializzati, ma che pur come tali, lavorando con noi, hanno imparato e ora sanno leggere un progetto proponendo delle varianti al cliente per ottimizzare l’opera. Una forza di questo tipo, con un turn over nullo, è uno dei punti trainanti della Tecnomontaggi, rientrando nel concetto d’industrializzazione del progetto prima indicato.
Quando il cliente torna da noi, per incaricarci dell’assemblaggio di un’altra macchina, magari anche due anni dopo, si ricorda i suggerimenti che i nostri operai hanno offerto nel passato, apprezzandone l’iniziativa. Questi singoli fatti, messi insieme negli anni, sono la nostra storia.