The Prisoner of Parkinson – problematiche sessuali
Sul concetto di reazioni sessuali non desiderate quale effetto da farmaci si è già accennato. Lo spunto emerge da una comparazione tra studi avventi in Germania e in Italia. L’esperienza italiana s’inserisce nella metodologia di ricerca nota come The Prisoner of Parkinson. Il bacino d’utenza sono state (e la ricerca prosegue) i pazienti affetti da Parkinson. La tendenza è a studiare anche altre patologie di lunga durata. Mentre la ricerca tedesca connette direttamente l’esperienza sessuale non voluta con l’uso prolungato dei farmaci, in Italia il taglio è diverso. Infatti in Germania la ricerca è condotta da un medico, mentre in Italia da un sociologo. Certamente le 2 ricerche si fondono in un’unico punto di studio. Resta nell’anima dello studio italiano un diverso punto di vista.
LA RICERCA ITALIANA NELL’APPROCCIO THE PRISONER OF PARKINSON
Milton Erikson fu un grande ricercatore vissuto tra il 1901 e il 1980. Come psicanalista, medico e anche sociologo, soffrì veramente tanto per diverse malattie. Nella sua grande sofferenza fisica, fece delle scoperte altrettanto importanti. Qui ne voglio citare solo 2. Per cercare di riabilitare alla vita sociale i prigionieri americani di ritorno dai campi di prigionia vietnamiti, fu studiata la PNL. La Programmazione neuro linguistica, anche in ambito di sociologia militare, è un processo linguistico per aprire un dialogo con una mente chiusa. Il secondo grande passaggio di mentalità, che Erikson ci ha lasciato, consiste nel passaggio da malato a paziente. Grazie ad Erikson, il paziente è un’individualità specifica da non massificare come “malato”. Fu ed è ancora una rivoluzione. Ne consegue che anche la farmacologia si deve adeguare. Tradotto in termini pratici, il medicinale che va bene a una persona, potrebbe non essere adeguato a un’altra. Come cittadino e studioso non finirò mai di ringraziare il prof. Milton Erikson.
The Prisoner of Parkinson parte dall’impostazione del prof. Milton Erikson. Ne consegue che non esiste più “il malato”, ma una persona a sè stante, con una sua struttura comportamentale. Quello che interessa alla teoria sociologica sul Parkinson, NON E’ L’ASPETTO CHIMICO FARMACOLOGICO, che potrebbe indurre a comportamenti non voluti. Mi spiego. Potrebbe essere che l’uso prolungato del farmaco, nelle malattie di lungo corso, induca dei cambiamenti nel carattere. Questo lo credo veramente! Tale modifica comportamentale potrebbe anche colpire la sfera sessuale. Significa desiderare oltre i freni inibitori una sessualità diversa dal solito. I colleghi tedeschi stanno cercando il nesso nell’ambito della medicina e farmacologia.
2 comments
buon giorno, sono una OSS, addetta alla cura dei pazienti anziani nelle case di riposo, e ricordo come un prof. durante il corso Oss, riferiva che alcuni anziani comunicavano di avere questi impulsi sessuali che normalmente reprimevano, trovandosi in presenza di diverse persone che nulla avevano in comune se non di essere nella stessa casa di riposo, e il prof. pensava al modo di andare incontro a queste persone, ormai vedove e sole, ma con un bisogno “vitale” che poteva sì dipendere in parte dall’uso di farmaci, ma era in parte dovuto ad un bisogno naturale della vita, anche se in età avanzata…poi, fisiologicamente con l’avanzare dell’età e delle patologie, i freni inibitori vengono meno e il problema diviene “importante”…
Ricordo quello che mi raccontava mia madre riguardo alla sessualità di mio padre malato di Parkinson.
Io da figlia ascoltavo e sorridevo,il sesso dei genitori provoca sempre imbarazzo ,almeno in quelli della mia generazione
Con l’evolversi della malattia si era accentuato il desiderio di sesso,nonostante tutte le problematiche legate alla stessa,il problema(per mio padre ) restava mia madre non essendo malata e non provando gli stessi impulsi.e da qui scene alla Casa Vianello, che per me ,non coinvolta ,ovviamente anche divertenti ma per loro sicuramente drammatiche
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