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Taccuino americano: volo AF 66 – cercando una joint venture

by Giovanni Carlini
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Taccuino americano: con biglietto Alitalia o Air France, per raggiungere Los Angeles con il volo AF66, comunque si transita da Parigi.

In realtà questo volo è anche Delta.

In pratica 3 compagnie incidono e si servono dello stesso aereo ogni giorno, in partenza alle 10.30 dallo Charles de Gaulle.

Considerato che mi trovo sulla “corriera per la costa west” degli Stati Uniti e che il volo dura quasi 12 ore, oltre a film in lingua italiana, passeggio per l’aeroplano, “facendomela a piedi” tra una costa e l’altra dell’Oceano Atlantico.

Quella che segue è un’intervista per cercare una joint venture nel nuovo mondo.

 

Carissimo imprenditore, Zx, grazie per avermi concesso un’intervista per la testata su cui scrivo qualche tempo fa. Lei fu molto cortese e gradevole, perchè su questo volo?

Zx: Carissimo prof. sa che la penso spesso, in particolare per tutte le volte che leggo la parola reshoring sulla stampa economica nazionale. E’ stato lei a introdurre questo concetto, anni fa, quando non sapevamo neppure cosa fosse e proprio dalle colonne del sito web in cui scrive. A quell’epoca le abbiamo dato del visionario, ma a questo punto ci siamo dovuti ricredere, perché ha saputo anticipare concetti che oggi sono sulla bocca di tutti. Il guaio è che non abbiamo saputo sfruttare i 2 anni d’anticipo che ci ha dato, così come per la crisi dell’euro che anticipò già nel 2009 in un convegno in provincia di Brescia.

Grazie per quanto afferma che va ad onore della redazione. Veniamo ora al motivo della sua visita negli Stati Uniti.

Zx: con mio fratello abbiamo deciso di lanciarci nell’internazionalizzazione, perché in Italia non riusciamo più, almeno per ora, a reggere bene sul mercato. Non riesco a prevedere il futuro e nessuno ci sa dire per quanto tempo dobbiamo tenere ancora duro, ma non pare che si possa pensare a un cambio d’indirizzo nel mercato, fino alla fine del 2015. Addirittura lo stesso Pil 2014 potrebbe ancora chiudere in negativo. Questo conferma che, al di là di tutto l’ottimismo “pompato” dentro il sistema Paese, i termini del problema restano inalterati. Fortunatamente ci sono rientri in patria d’aziende prima delocalizzate (appunto il reshoring), ma non emergono da azioni coordinate dalla politica economica nazionale, bensì dalle singole valutazioni aziendali. Tradotto in parole semplici: non basta. In un quadro così fermo, per almeno altri 18 mesi, la nostra piccola impresa, ricorderà che siamo in 15 tra dipendenti, operai e proprietà, in Veneto e commercializziamo acciaio, rischiamo di proseguire a soffrire troppo. Con mio fratello ci siamo convinti che l’internazionalizzazione è l’unica via percorribile quindi ci siamo messi sul mercato per cercare una joint venture in terra americana.

Ottimo e bene; bravi! E in pratica?

Zx: in pratica abbiamo deciso di internazionalizzarci, puntando su un Paese ben specifico che per noi sono gli Stati Uniti. L’idea è trovare un partner locale, aprire insieme una società – joint venture–  della quale l’americano avrà la maggioranza per produrre in America delle valvole, progetto che avevamo in mente da una quindicina d’anni, ma mai realizzato. Sostanzialmente ci stiamo spostando dal commercio, che manteniamo, alla produzione e questo avviene in una terra equidistante tra i mercati europei (in crisi) e quelli asiatici (che ancora reggono). Non siamo certi del declino definitivo dell’Europa, anzi ne tocchiamo con mano la crisi pur confidando in una stabilizzazione del mercato. Ne consegue che nel Vecchio Continente ci siamo e ci restiamo, precisamente in Veneto. Al contempo apriamo una sede americana in joint venture per produrre un progetto in comune da commercializzare in tutto il mondo (se ci va bene sarà in 3 continenti: Asia, Nord America e Europa). In questa maniera non delocalizziamo, ci internazionalizziamo e apriamo delle sinergie su scala mondiale con una joint venture.

Detto così è fantastico! Ma come ci siete riusciti?

Un consulente italiano ha lavorato per noi per 3 mesi; non è costato più di tanto. Ha consultato e visitato oltre un centinaio d’operatori del settore tra Canada e Stati Uniti, presentando una lista di 10 nomi, che noi successivamente abbiamo ristretto a 4 per compatibilità e collocazione geografica. Uno s’è perso per strada, con un altro non ci siamo trovati in accordo e ora sto andando a concludere avendo in tasca 2 proposte di joint venture, che abbiamo ritenuto mature e ben fatte.

Non so con quale dei 2 produttori concluderò o addirittura apriremo una società in joint venture in 3 essendo stati particolarmente trasparenti senza alcun segreto, in tutta la trattativa. Del resto l’idea e i disegni sono nostri per cui è intorno al nostro progetto che si uniscono forze nuove.

Concludendo: un plauso a quest’azienda di commercio prodotti siderurgici veneta, che ha saputo ripensare la sua natura, allargandosi sul mondo con prodotti nuovi, sempre avuti in mente ma mai realizzati e ora oggetto di una joint venture.

Lo scopo del taccuino americano Usa è quello di prendere spunto da aspetti diversi e riordinarli in un ordine d’idee che sia utile a riunire 2 facciate della personalità umana: quella personale e professionale.

Mi spiego. Nell’era moderna la personalità degli Occidentali e comunque società evolute (non sono tutte quelle che rispondono ai 9 assetti culturali esistenti nel mondo) si è scissa almeno in 2 aspetti che generano un senso di solitudine e di non appartenenza da cui un disagio generalizzato. Il taccuino americano Usa risponde a questa necessità offrendo spunti e ragionamenti.

Foto tratte dal taccuino americano Usa: l’arrivo nel Nuovo Mondo

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