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Taccuino americano: riflessioni per un nuovo marketing

by Giovanni Carlini
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A lezione di Marketing dagli USA. Spunti dal taccuino americano

A Las Vegas, città del Nevada, il parcheggio è gratuito dappertutto. A Chicago (Illinois) il parcheggio è ovunque a pagamento costando anche 30 dollari nell’arco delle ore lavorative. Il taccuino americano è un blocco d’appunti per idee apparentemente disordinate ma con una finalità ben precisa: riunione quella clamorosa divisione che si soffre tra personale e professionale nell’uomo moderno e nelle aziende in particolare.

La divisione tra personale e professionale porta a un generalizzato disorientamento con perdita d’efficacia nell’azione aziendale e carenza di soddisfazioni sul piano individuale. Ecco il senso e la portata di questo taccuino americano.

A Las Vegas la municipalità non chiede tasse ai cittadini residenti e i servizi funzionano egregiamente, a Chicago il carico fiscale è molto alto e la qualità dei servizi resi non è la fine del mondo, scontando tutti i problemi delle grandi metropoli industriali e di produzione di servizi.
A Las Vegas le persone sono in perenne transito, considerando che la media di permanenza è di 3 giorni; a Chicago le persone sono più o meno sempre le stesse anche se di giorno triplicano la presenza per esigenze lavorative, ma sono usualmente le stesse facce che invecchiano negli anni, quindi la cura degli ambienti comuni dovrebbe essere più attenta e rispettosa, ma non è così.
In pratica la città si usura maggiormente se vissuta dalle stesse persone rispetto a un rapido ricambio.
Considerando questi aspetti, emerge subito che “qualcosa non funziona” e in effetti è così. Costa decisamente di più e con servizi peggiori, una città dedita al culto del lavoro rispetto ad una invece vocata al gioco ed al divertimento, che applica lo spettacolo come mezzo per vivere.
Ovviamente non possiamo trasformare il lavoro in gioco per far quadrare i conti. Riflettendoci, perché non possiamo farlo?

Seguono immagini tratte dal taccuino americano dove si ironizza sui problemi di parcheggio nel deserto americano.

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Traducendo in marketing questa riflessione emergono almeno i seguenti aspetti:

a)     il cliente deve essere cercato senza attendere che arrivi e il campo di ricerca, rispetto al passato, è diventato tutto il mondo;

b)     al potenziale compratore non va offerto un prodotto ma un sistema di soluzioni (ed è qui che nascono i problemi) che includa ovviamente il bene che si produce. In questo senso si fa “spettacolo” come a Las Vegas sapendo che con questa strategia, aumenta l’attenzione e il volume delle vendite.

Il vero punto dolens nell’industria siderurgica, in questo contesto e ragionamento, non è tanto concentrato nell’offrire un prodotto che faccia parte e costituisca un sistema con altri, quanto la carenza di fantasia nel cercare gli agganci opportuni. Io sono solo un sociologo dei consumi non un ingegnere, quindi non in grado di spiegare il come e il perché di un insieme di prodotti siderurgici potrebbe essere elevato a sistema, magari con l’ausilio dell’informatica o della cibernetica, quindi chimica e fisica.
Resta la necessità di convocare un tavolo di studio, almeno nelle imprese più autorevoli di questo settore, per iniziare a progettare una nuova era nello sviluppo e commercializzazione del prodotto siderurgico nel mondo. Un tema che in parte il lavoro avviato nel progetto di Siderweb Industria & Acciaio 2030 è già in corso di approfondimento.
La concorrenza e il riferimento non è solo per la Cina, incapace di democrazia, ma anche per il Brasile e la Russia, si limitano a produrre battendo l’Occidente sui soli costi, ma la ricerca e l’intelligenza cresce e resta nel campo della democrazia. Credo sia il caso d’accendere un fiammifero per aprire la luce su un settore che sta subendo la crisi, ma che non studia adeguatamente le possibili soluzioni.
In pratica queste parole sono strumentali a un ritorno massiccio sulla ricerca.
Grazie

Buon lavoro.

COMMENTI

Beppe il 01/10/2014 alle 10.57 ha scritto:
Seguo con molta attenzione le riflessioni di Carlini Non credo che nella siderurgia il”gioco” possa essere uno strumento di sviluppo.Il problema di fondo è nel capire se ci troviamo di fronte ad un prodotto maturo senza futuro o ad un prodotto capace ancora di dare del “nuovo” Sono convinto che la sidergia ha riserve “non espresse”.Cosa manca? Penso la serietà .
Giovanni Carlini il 03/10/2014 alle 06.41 ha scritto:
grazie per le Sue riflessioni signor Beppe. E’ dal 2000 che sono ospite della sideruriga studiando le persone, aziende e la collocazione del prodotto sul mercato. L’idea che mi sono fatto è che sia necessario un importante svecchiamento non d’età, assolutamente! spesso i giovani sono molto peggio dei padri, al contrario credo sia urgente una forte iniezione di fantasia, coraggio, idee e voglia di confronto aperto e costruttivo. Al contrario trova un mondo chiuso, arroccato, spesso piccato e offeso ma che non produce idee e punti di vista. Lo “spettacolo”, valido in termini di marketing non credo sia da scartare a priori anche se riconosco come le stesse imprese siderurgiche siano incapaci di solo sostenere l’idea di un libro non celebrativo sulle loro gesta e questo spiega molta incapacità a capire ma troppa propensione a fare (senza un piano strategico) In gamba. Giovanni Carlini

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