Dal taccuino americano, appunti di riflessione: il fascino del baratro
Sono assediato dalla Redazione che vuole sapere se e come ci sarà il blocco della finanza pubblica ai primi d’agosto qui negli USA. Non è facile rispondere. Nessuno in America ritiene reale il rischio scommettendo su un accordo all’ultimo momento, ma il 9% degli americani crede reale il blocco delle attività governative non necessarie.
Al di là degli aspetti tecnici, qui si profilano alcuni aspetti fondamentali che arricchiscono questo taccuino americano:
– la fine della presidenza obama con un anno di anticipo. La vera novità, in particolare per la grande stampa (in realtà nota da anni agli osservatori più acuti) non è tanto chiedersi chi ha ragione e su quale programma, ma constatare quanto vuota sia stata l’attuale amministrazione. Forse la peggiore nella storia recente degli USA battendo in negativo il primato del Presidente Jimmy Carter?
– chiarito che l’obama non sarà rieletto, il punto è capire quale nuovo presidente repubblicano entrerà alla Casa Bianca a novembre del prossimo anno. Si fa sempre più insistente una considerazione: tra un leader acclamatissimo, che non ha fatto nulla, è una considerata “stupida” ma che sa governare, la scelta è già nelle parole. In realtà che la Palin sia “stupida”, è tutto da dimostrare, in quanto è stata massacrata dalla stampa e solo ora riesce a riemergere a furor di popolo.
– Entrando più nel dettaglio sul rischio di fallimento della finanza pubblica americana, va notato l’emergere di un punto nuovo, mai applicato in Europa: non è giusto caricare i figli dei debiti del presente! Ah se questo principio fosse stato applicato in Italia negli ultimi 30 anni. Sicuramente questa “virtù”non è stata scoperta grazie a un miglioramento della sensibilità politica statunitense, ma finalizzata a stroncare ogni reale possibilità di rielezione dell’attuale presidente.
– Parlando di numeri, un recente studio del FMI dichiara che per ogni 1% di contrazione della spesa pubblica, la ricaduta sullo sviluppo economico (calo del PIL) è pari a un -0,25%
– Quanto accade in queste ore al Congresso degli Stati Uniti, non può che avere un immediato riflesso sul resto del mondo occidentale in termini di taglio alla spesa. Qualsiasi cosa sia decisa o anche non approvata, è certo che, in particolare, tutti i paesi europei, procederanno a una revisione del loro sistema di spesa per un riequilibrio. Scrivendo queste parole penso all’industria edilizia nazionale, che troppo ha contato sulle commesse pubbliche e quindi si può ipotizzare, nei prossimi mesi, un incremento dell’attuale tasso di disoccupazione.
– Il ritorno della grande politica. Afflitti da anni di scandali e argomentazioni contingenti che valgono lo spazio di un giorno, già la Francia, in primavera ha segnato la svolta, aprendo la guerra di Libia ai danni dell’Italia. Anche in questo paese europeo, l’attuale presidente rischia di non essere rieletto nel 2012 tanto da inventarsi, di sana pianta, una guerra in Africa al fine di togliere all’Italia uno dei suoi spazi economici vitali. Oggi negli USA si assiste a un ritorno della grande politica, dove il confronto non è più tra l’Occidente e il mondo arabo ostile, ma sulla forma che si vuole dare alla società futura. Del resto la politica serve a questo: progettare il futuro. Discutere seriamente di finanza pubblica, stabilendo dei tetti da non varcare, è certamente il modo più importante per ridisegnare l’America dei prossimi decenni, anche alla luce dell’inevitabile scontro con la Cina nel Pacifico.
– Sul piano più sociologico s’assiste negli USA a una sorta di disinteresse generalizzato drammatizzato solo dalla stampa. Questo accade sempre quando c’è la sinistra di mezzo; al posto delle idee c’è sempre un dramma. Gli americani sono stanchi di tante promesse non mantenute dall’attuale presidenza e già scontano un ritorno alla concezione di Reagan sullo stato. La deregolarizzazione fu infatti un concetto del reaganismo economico (neoliberalismo o anche supply-side economics). In pratica lo Stato cessa d’erogare servizi e si pone a controllore della qualità del lavoro svolto dai privati, a favore del paese. Sicuramente non tutto funzionò a dovere in quegl’anni Ottanta con il neoliberalismo, tanto che la globalizzazione (altro grande errore di quegli anni, perché applicata senza studiarla) è la pecca più grande che ci portiamo dietro dall’amministrazione Reagan. Va anche considerato però come la migliore ricetta non sia una completamente nuova, bensì già sperimentata e adattata alle nuove necessità, avendone scoperto i punti deboli.
Concludendo, come andrà a finire? Comunque si risolvano o peggiorino i fatti economici di questa nazione, siamo già entrati nella nuova presidenza degli Stati Uniti d’America.
Curioso il mondo e interessanti i tempi moderni. Stiamo vivendo una nuova era politica, ma non conosciamo il volto del suo protagonista. Bizzarrie dell’era virtuale!
Auguriamoci buona fortuna – appunti da taccuino americano.
Seguono delle immagini della mitica Yuma e del confine con il Messico puntellato da croci per ricordare coloro che non sono riusciti.