Come diventare dei manager d’attacco? Ci sono dei corsi audaci molto selettivi. Appunti tratti dal taccuino americano.
San Francisco – California, all’università – L’Università non è solo un posto per studenti; in America, una gran quantità di manager frequentano diversi corsi di specializzazione e aggiornamento sostenuti sia dalle rispettive aziende che di tasca propria. Gli insegnamenti più richiesti sono internazionalizzazione, marketing e gestione delle risorse umane. Si tratta di corsi della durata di 10 mesi. Nel panorama formativo ci sono anche altri eventi, comunque molto impegnativi, full time, orientativamente della durata di 1 mese o 45 giorni, rivolgendosi prevalentemente a una categoria di personaggi che al termine, rientrando in azienda accetta una promozione (a seconda del punteggio ottenuto all’Università) oppure parte per l’estero dirigendo qualche filiale. Va rilevato, comunque, in entrambe le tipologie di corso, sia quello di 10 mesi che quello breve, una forte presenza di manager (il 75%).
In entrambi, anche se esasperato nella versione corta, l’impegno è articolato su 6 ore di lezione e 10 di studio libero, più 8 di sonno, a cui seguono interrogazioni quotidiane, ricreando lo stato di tensione tipico delle situazioni difficili.
La scelta tra periodo “lungo o breve” dipende dai futuri impegni dell’azienda o del frequentatore di corso. La metodologia seguita nell’interrogare lo studente (spesso manager) è tesa ad addestrare bombardandolo d’informazioni o, al contrario, riducendo il quadro di conoscenza del problema, invitando comunque il candidato ad avviare un processo di ragionamento da concludere entro un tempo, in minuti, prestabilito.
La valutazione dell’allievo/a (personaggi anche di 56-58 anni) avviene collettivamente, come caso di studio, su una traccia guidata dal docente. Ne consegue che non esiste in termini assoluti “una ragione o un torto” perchè è raro sbagliare platealmente la soluzione; in genere ci si avvicina e si discute quale sia il percorso più adatto, a minori costi, tempi e maggiore efficacia. Sicuramente l’errore che si paga con l’esclusione (ma gli studenti, i manager e funzionari frequentatori non lo sanno) è la perdita della pazienza, ovvero l’aver gestito una situazione difficile, rispondendo con stati mentali e comportamentali confusi e anche con scatti d’ira, che vengono comunque appositamente creati, “per condurre il candidato ad arrabbiarsi”!
Il docente conduce l’afflusso d’informazioni tra necessarie e di “rumore” (si tratta di notizie superflue) spingendo verso un’analisi tra quelle opportune, il tutto rispettando tempi contratti e soprattutto, questa è la parte forse più importante, sollecitando la pazienza del candidato per portarlo decisamente “ad arrabbiarsi”. L’ira del frequentatore di corso è assolutamente ricercata e provocata, rispettando i criteri di forma, stile ed eleganza, pur sapendo che la realtà non è affatto cortese. In linea di massima un 45% perde la lucidità reagendo con astio. Alcuni di loro non rientreranno neppure in azienda, vedendosi concluso il contratto di lavoro prima ancora del termine del corso. Un altro 20% si dimostra incapace d’assumere delle decisioni sensate sotto stress: anche per questi il rientro in azienda non è scontato. Infine c’è un terzo abbondante di manager (35%) che supera la formazione (e selezione, svolta a loro insaputa) che con punteggi diversi rientra nelle rispettive imprese per assumere le nuove funzioni, ma anche in quel caso dipende dal voto conseguito. L’impiego all’estero, ad esempio, richiede votazioni alte, che prevedono la capacità di saper trattare con terroristi, mal intenzionati, governo locale corrotto e richieste di tangenti.
C’è un film con Tom Hanks, (Captain Phillips, Attacco in mare aperto – 2013) che narra di un comandante di unità mercantile sequestrata al largo delle coste somale e della sua trattativa con i pirati fino alla liberazione, grazie all’intervento della Us Navy. Le tecniche di relazione utilizzate dal Comandante evitando l’urto con i terroristi, ma indirizzando la crisi, sono esattamente un esempio di ciò che si richiede ai manager inviati all’estero, soggetti al rischio di rapimento e trattativa. In una delle discussioni formative è stato analizzato il caso di un investimento in Italia e delle connesse complessità. La candidata, una Signora di 47 anni, sposata da 25 anni, madre di 4, tra figlie e figli, mentre subisce il rituale diluvio d’informazioni chiede e ottiene di fare una domanda al docente: quali sono i presupposti taciti che impongono un investimento nell’Europa del sud? La domanda va ben oltre il business plan e gli indici di redditività dell’investimento. La signora, laureata in economia, già titolata di master per l’internazionalizzazione e un dottorato di ricerca sulla gestione delle risorse umane, mi chiede: perché? Il ragionamento va oltre alla sola redditività che pare assicurata ma non basta. Quindi “perché” confrontarsi con un paese dove la certezza del diritto non è assicurata, le tasse non sono sicure, la perseguibilità istituzionale è alta e la trattativa sempre aperta oltre all’incertezza istituzionale? Questo “perché” anticipa una conclusione: non ci sono i presupposti taciti per far affari nel Sud Europa, da cui la sua presa di posizione, forse pregiudiziale ma decisa: meglio non entrare nel mercato del Mediterraneo.
Giovanni Carlini
I VOSTRI COMMENTI
Lo scopo del taccuino americano Usa è quello di prendere spunto da aspetti diversi e riordinarli in un ordine d’idee che sia utile a riunire 2 facciate della personalità umana: quella personale e professionale.
Mi spiego. Nell’era moderna la personalità degli Occidentali e comunque società evolute (non sono tutte quelle che rispondono ai 9 assetti culturali esistenti nel mondo) si è scissa almeno in 2 aspetti che generano un senso di solitudine e di non appartenenza da cui un disagio generalizzato. Il taccuino americano Usa risponde a questa necessità offrendo spunti e ragionamenti.
Foto tratte dal taccuino americano Usa: Università di Stanford a sud di San Francisco, località Palo Alto.
Noto due “dettagli”: (1)nel Mediterraneo oltre i 50 anni ci consideriamo vecchi anche solo per cambiare lavoro (2)qui se fai fare un corso a qualcuno prima di entrare in aula ti chiede l’aumento e neanche esiste che se fallisce lascia il lavoro Quindi difficile far capire (ed accettare) ad un mondo così dinamico e selettivo i nostri (troppi) presupposti e vincoli. Chi è rimasto (per scelta o per cultura) qui si sottopone supinamente a queste regole… e c’è ancora che si chiede perchè molti cerchino fortuna oltre confine.
se mai si inizia a discutere su cosa sia meglio o peggio, non potremo cambiare alcunchè. Quindi che parta la discussione pena veder scomparire le nostre aziende come se fosse un’emorragia.