Tratto dal taccuino americano: come fare i soldi a Las Vegas
di Giovanni Carlini – appunti tratti dal taccuino americano
Las Vegas (Nevada) – Tutto il fascino di Las Vegas è concentrato su una sola via, la strip. Per quanto estesa, uscire fuori da questa “pista nel deserto”, soprattutto di notte, per avventurarsi in altri contesti è pericoloso o comunque richiede una certa pratica d’America.
Su questa via s’affaccia l’integrale offerta che Las Vegas è in grado di proporre, quindi i suoi grandi palazzi a tema: Bellagio, Caesar Palace, tanto per fare un paio di esempi.
Uno di questi, appunto il Caesar Palace, ha appena lanciato un ampliamento con ristrutturazione di 1000 metri quadrati della sua sede, senza chiedere soldi alle banche. Considerato che lo sfarzo è la norma in questa città spettacolo, è molto probabile che per tale operazione saranno necessari diversi milioni di dollari. La domanda che ci si pone è: come fa “un palazzo”, per quanto importante, sede d’albergo e casino, a Las Vegas, con una disoccupazione del 14% e in un periodo di crisi costante, a investire una decina di milioni di dollari puntando su una maggiore offerta ai clienti?
Al di là di tutte le considerazioni possibili, di stampo squisitamente economico e finanziario, forse è necessario allargare la visuale su altri aspetti, di cui uno in particolare: la sociologia dei consumi. In base a questa tecnica di vendita (la sociologia che diventa tecnica) emerge un aspetto spesso poco considerato: la follia come atteggiamento d’acquisto.
Al di là delle normali tecniche da supermercato dove la musica, lo spazio organizzato e pulito, la dislocazione della merce, la fascia oraria e altri aspetti stimolano l’acquisto – si entra per comprare qualche cosa e si esce con un vero e proprio carrello della spesa – a Las Vegas si realizza un effetto a contagio. La gente spende e, così facendo, invita altri a farlo, avviando cicli su cicli d’acquisto.
La conclusione è che, a Las Vegas, un negozio, un’azienda, un ristorante, una gelateria (siamo nel deserto) vende molto, ma molto di più, di un qualsiasi altro esercizio attivo in altre città. La causa che permette questo effetto è semplicemente un impellente bisogno di spesa di natura imitativa e contagioso. Infatti, com’è possibile non regalare un sorriso ai propri familiari, comprando qualcosa, pur non apprezzando l’atmosfera forzata alla spesa di Las Vegas?
Da questo spunto passiamo all’industria siderurgica italiana.
Ricordo un direttore del personale di una grande azienda italiana di laminati, che domanda: come facciamo a vendere di più un prodotto povero?
Gli dissi che avrei dovuto studiarci sopra.
La risposta emerge dall’esperienza cicala-contagio già narrata, secondo la quale non si compra solo per necessità ma soprattutto per impulso.
Questo vale per ogni settore merceologico esistente al mondo, perché inscritto nella sensibilità umana del consumatore. Sapendo questo però, non ho mai visto prodotti siderurgici colorati o foderati di pellicole di plastica, peggio ancora se collegati a una rete informatica per costituire un sistema di controllo, quando assemblati, monitorando l’usura del pezzo, ad esempio o addirittura ordinarne la riparazione.
Ovviamente non sono un tecnico di metallurgia e quanto affermo, su questo aspetto, rasenta l’impossibile, ma non conosco neppure tavoli di concertazione tra tecnici dell’industria siderurgica, specialisti di marketing e sociologi dei consumi, che si siano coordinati per ragionare insieme. Insomma esiste la lamentela sul “prodotto siderurgico povero”, ma non si è ancora passati alla fase di studio & ricerca, oppure, se esistente, resta ancora a livello episodico di singola azienda.
Chi oggi studia, nell’ambito dell’industria siderurgica, l’innovazione di prodotto collegato alle tecniche di vendita e ne pubblica i risultati, chiamando altri a produrre pensiero?
Forse è saggio proporre di tirarsi su le maniche!
Il taccuino americano riunisce pensieri e riflessioni apparentemente scollegati ma che hanno una fine preciso: riunire la personalità divisa tra professionale e personale fonte di instabilità tra le persone e manager, quindi nella carente conduzioni d’impresa.
Foto tratte dal taccuino americano: il Ceasar’s Palace a Las Vegas
Colori, luci e le imponenti strutture di Las Vegas – foto che derivano dalla collezione nota come taccuino americano
Giovanni Carlini
I VOSTRI COMMENTI
osservazione pertinente ed interessante. credo sia un problema generazionale. nel senso che prima di arrivare a questa fase di studio, dovremmo aspettare che passi la vecchia, l’attuale e forse la prossima generazione di ‘impresari’ siderurgici…Giovanni Carlini il 28/09/2014 alle 07.21 ha scritto:
grazie per lo stimolo offerto. Rammento che esistono i consulenti per migliorare il passaggio generazionale. Il guaio è che questo mondo, quello della siderurgia italiana ritiene di poter proseguire a fare da soli quello che invece gli si sta sciogliendo tra le mani.