Non è lo spazio che fa lo showroom, ma il metodo utilizzato per organizzarlo. Il concetto così espresso appare semplice ma non lo è, però allo stesso tempo consente a piccoli negozi, specie se nel tessuto cittadino, d’organizzarsi diversamente dal tradizionale.
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METODO TRADIZIONALE
Un ingresso, una cassa, un bancone. Merce esposta utilizzando sia le pareti che scaffalature centrali nel negozio. Un proprietario e altri commessi.
METODO SHOWROOM
Un ingresso, una o più casse, molti punti di assistenza alla clientela. Merce esposta seguendo un itinerario a tema (in genere tanti quanti sono i settori merceologici che il punto vendita serve). Un proprietario, un corpo di vendita specializzato, impiegati amministrativi, utilizzo di un forte apporto da parte dell’informatica ed illuminazione a giorno con ampie, grandi e numerose vetrate, che offrono visioni in/out da e sulla strada o parcheggio che sia.
ERRORI CLASSICI NELLA CONSIDERAZIONE DEL CONCETTO SHOWROOM
Si pensa, comunemente che lo showroom come metodo di vendita richieda ampi spazi e parcheggi. Questo non è vero. In precedenti corrispondenze dagli Stati Uniti (dove la scuola per showroom ha fatto passi più veloci ed audaci rispetto all’Europa) è stato chiarito come ci siano 2 tipi diversi di negozio adibito a showroom: uno cittadino (piccolo e molto attento ai particolari) ed uno per la periferia della metropoli (ampi spazi che fa della dimensione un metodo per impressionare ed accogliere). Chiarito che non serve solo lo spazio e la dimensione per avere showroom, come organizzare un piccolo negozio in città?
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IL PICCOLO SHOWROOM
Lo spunto viene da Fort Collins (Colorado) dove il Signor Jim Bennet, con ceramica, parquet, moquette e finestre a veneziana, sito www.newcreationflooring.com ha schierato uno showroom in centro città, utilizzando al meglio i suoi 100 mq espositivi (più 70 per magazzini ed uffici). Ecco come ha fatto:
– il pavimento è alternato tra parquet, ceramica e moquette (in tutto 3 tipi diversi utilizzando anche l’ingresso del negozio) Obiettivamente, osservando questa successione viene voglia d’arredare la propria abitazione o ufficio seguendo questa input;
– ovviamente anche le pareti sono utilizzate per agganciarvi gli espositori forniti dalle aziende produttrici, ma la novità sta nella fantasia del Signor Jim, che ne ha posizionati degli altri, del tipo a colonna, quindi verticali, sia per piastrelle che per il parquet oltre a quelli rituali, di cui si è già accennato, appoggiati alle pareti. In questo modo l’esposizione viene realizzata dal proprietario, che identifica così dei percorsi a tema che il visitatore segue, subendo/apprezzando un continuo shock cromatico;
– in uno spazio così piccolo sono stati allestiti 4 punti di accoglienza ed assistenza alla clientela, dotati di scrivania, sedie e supporti per fornire maggiori approfondimenti al visitatore rispetto a ciò che è immediatamente visibile nello showroom;
– come finale del negozio, collocato al termine dello spazio espositivo, sulla parete, una successione di listelli per mattonelle di tutte le fogge, colori e dimensioni, tali da immaginare un vestito da “Arlecchino”;
– i punti di ascolto ed assistenza al visitatore sono gestiti dal proprietario, da un venditore professionista, da un designer e da un office manager (sono tutte figure dotate di alta professionalità. L’ultimo, l’office manager, ha un ruolo più logistico che di vendita vera e propria, pur sapendo sostenere tutte le domande poste dalla clientela);
– al termine del “tour” all’interno dello showroom, in funzione sia di ascolto che di banco-cassa, ci sono 2 segretarie amministrative solitamente non coinvolte nella vendita.
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INTERVISTA
Domanda: Mister Jim Bennet perché, pur avendo le giuste dimensioni ha voluto organizzare il suo showroom in questo modo impegnando al millimetro lo spazio?
Bennet: diciamo per fantasia ed originalità? Vivo in un ambiente fortemente contrastato dalla concorrenza. Solo a pochi metri da me, e Lei lo avrà sicuramente visto, c’è un altro showroom, ugualmente su parquet, ceramica e moquette, molto più grande del mio; mi riferisco a Inside-Out di Mike e Margaret Kaylor, www.insideout.hdwfg.com però si tratta di persone “ferme”, immobili nel loro modo di fare business. Non ho dubbi che avrà chiesto un’intervista anche a loro e 3 giorni dopo le sarà pervenuta una non risposta, che significa “non abbiamo la capacità di sostenere un’intervista”. Se il contesto nel quale vivo è questo, come posso emergere? Lo spazio qui è “gratuito”, tutti lo hanno. Anche un’altra mia concorrente, la Heather Matz, www.advancedinteriorsine.net ha un negozio bello, ampio, ben organizzato, ma si tratta di persone che promettono e non mantengono. In una piazza commerciale così “ingessata”, poter emergere significa tagliare l’erba sotto i piedi alla concorrenza battendoli sul loro stesso terreno, ma con degli accorgimenti totalmente nuovi e diversi; ed ecco che serve la fantasia! Organizzare il meglio in minor spazio, a costi più bassi, su servizi più attenti e vicini al cliente con velocità e tempistica e maggiore offerta e concentrata in un solo negozio. In questo modo, ritengo, d’avere il 75% in più d’affari rispetto agli altri. Il cliente viene da me per il servizio, la rapidità d’esposizione, l’immediatezza della soluzione proposta e tutto ciò è espresso anche dallo spazio messo a disposizione. Piccolo è bello? Non so se questa sia la corretta definizione del mio showroom, ma certamente nel piccolo c’è maggiore velocità di servizio al cliente e maggiori soluzioni proposte a costi che sono di conseguenza minori, rispetto alle altre soluzioni adottate.
Come ho fatto? Semplice! Ho osservato quanto siano elefantiaci gli altri e mi sono organizzato distinguendomi da loro, pur restando nello stesso settore merceologico.
Domanda: in pratica è stato avvantaggiato da una classe di negozianti molto scadente e dalla quale lei è emerso per fantasia?
Bennet: Attenzione però! Oggi si può dire che i miei colleghi siano poco professionali e seduti sulle loro posizioni perché ho realizzato il mio showroom, ma prima, loro erano il mercato ed ogni paragone partiva da quanto rappresentavano! Attualmente ho solo un vero concorrente in questa zona: un palchettista che ha azzerato tutti i costi di locali, negozio e showroom, ed ha passato ogni contatto con il pubblico al web, ovvero ha solo un sito internet e da quello riceve richieste, formula preventivi e vende pavimenti in legno. Non ci diamo fastidio. Lui serve la periferia di Fort Collins, ovvero coloro che sono in difficoltà a raggiungere il centro abitato ed io l’area urbana.
Domanda: cosa manca, secondo lei al suo showroom se avesse potuto fare tutto quello che aveva in mente?
Bennet; avrei voluto uno showroom che si concentrasse progressivamente su un solo ambito, potremmo definirlo ad imbuto, questo avrebbe significato focalizzare l’itinerario del visitatore su una parte finale che è poi quella che vede laggiù, composta con una costellazione di marmi colorati al fine di colpire cromaticamente il cliente. Ma non è possibile fare uno showroom a “imbuto” anche se l’idea mi piace ancora tanto!
Domanda: perché non è possibile?
Bannet: per questioni ergonomiche di circolazione delle persone in visita nello showroom. Si creerebbero delle file di attesa, che sono impensabili in un ambito commerciale. Le persone si stancherebbero e andrebbero via. Una dimensione ad imbuto è valida in un museo quando le persone pagano per vedere.
Domanda: quante visite riceve ogni giorno?
Bannet: abbiamo 20 contatti quotidiani di coppie che contano quindi per una quarantina di persone che ci impegnano con domande e trattative in 9-12 occasioni; voglio dire che ogni giorno ci sediamo sui tavoli di ricezione del cliente una decina di volte. Il fatto che siamo in 4 a seguire il visitatore, non deriva dal numero di trattative, ma dalla diversa specializzazione che possiamo offrire il che comporta spesso, di coinvolgerci tutti quanti sulla medesima analisi. Questo fa scoppiare il cuore di piacere al cliente che si vede così servito da una squadra di professionisti!
Domanda: tutto questo è bellissimo, ma i costi?
Bennet: non siamo ricchi e non credo che lo diventeremo, ma viviamo dignitosamente. Il nostro business è per 3 milioni di dollari all’anno e siamo in 6 a lavorare qui dentro. Come trend negli ultimi 5 anni cresciamo ad un ritmo del 6-7% annuo.
Domanda: sa quanto cresce la concorrenza?
Bennet: escluso il mio collega e concorrente che opera mezzo web nel rapporto con i clienti, gli altri, crescono dell’1-2% annuo se non, in alcuni casi, con delle leggere perdite. Posso affermare che io cresco e loro sono fermi. Non escludo che nel prossimo futuro il mercato dei pavimenti in legno si sfoltirà estromettendo 3 o 4 operatori, attualmente troppo lenti e poco qualificati per operare.
Domanda: per chi iniziasse adesso la sua attività nel campo della ceramica, pavimenti, finestre, scale e tende, cosa consiglierebbe?
Bennet: decisamente organizzarsi in showroom, su questo non ci sono dubbi. Però è opportuno non aprire e basta, bensì disegnare il proprio locale secondo uno stile proprio, che non è quello dell’architetto o in semplice antitesi alla concorrenza. Serve un modo di comunicare alla clientela che sia semplice, diretto e quindi originale. Se questo avviene, allora il cliente si ricorderà di te, in caso contrario ogni proposta si dà per “già visto”. Nei 4 anni che ho aperto questo showroom (sono sul mercato da 27 anni e prima utilizzavo un normale showroom che mi aveva disegnato l’architetto) ho calcolato che la “formula originale” rispetto a quella tradizionale che utilizzavo, mi rende il 39% in più in affari ed un + 54% come contatti e visibilità.
Domanda: praticamente mi sta dicendo che “piccolo è bello”, soprattutto se disegnato da se stesso con cognizione di causa?
Bennet: esattamente.
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