Fidare della stampa: Giovanni Carlini – sociologo e uomo di marketing
Vatti a fidare della stampa! Non ci si pensa mai, ma il problema c’è e va discusso nuovamente.
Ancora una volta uno degli editori più importanti d’Italia mi dice: ti cancello un pezzo del tuo articolo perché non sei ottimista.
Ovviamente non scrivo per la stampa di partito e neppure per i quotidiani (entrambi non riferiscono i fatti, ma li includono in una “linea editoriale”, capace di tradurre la realtà secondo un’ottica pre-definita)
I miei editori sono quelli riconducibili alla “Confidustria” e i miei lettori sono uomini e donne che lavorano nelle aziende.
Il fidare della stampa nell’ambito lavorativo ha un senso diverso rispetto quello politico-idelogico.
Gli argomenti che tratto fungono da cerniera tra il mondo accademico, per la ricerca macroeconomica/marketing e quello delle applicazioni, in produzione/commercio.
Purtroppo queste riviste vivono di pubblicità per cui gli articoli sono un corollario a una vetrina di prodotti, ma questo è l’unico modo per far entrare in azienda idee e concetti. Non c’è ancora la cultura della rivista specializzata di sole idee da studiare e discutere in impresa; è già tanto se si sfoglia il quotidiano economico!
Quindi c’è un problema di trasmissione di spunti e soluzioni, a un mondo che non legge e pensa, ma agisce.
Il “cavallo di troia” a quadratura di tutto ciò, come già detto, è la pubblicità.
Assodato questo concetto, ci si accorge che la massa degli articoli di cultura aziendale sono imbrigliati in una linea editoriale tesa a non dire la verità, ma la sua traduzione.
Ad esempio, ecco quanto è stato censurato dal titolo “Sono tornati gli speculatori ma con quali soldi?”
Il dato è particolarmente preoccupante! Il mercato dei metalli è tornato a gonfiarsi con prezzi non collegati alla domanda e offerta reale; quindi siano nuovamente alla roulette russa. Come tutti i giochi, finirà anche questo e non è difficile prevederne la conclusione. Il motivo di preoccupazione è un altro, da dove arriva questa liquidità?
Per scrivere questo rapporto vanno studiati tutti i bollettini e organi d’informazione.
Affinchè la rubrica semilavorati possa essere pubblicata mensilmente, è opportuno studiare tutti i bollettini emessi compresi, purtroppo, quelli a pagamento.
In pratica il 91% delle analisi è soggetto a registrazione e il 95% a pagamento. Alla faccia della diffusione delle informazioni e del “mercato libero”.
Chiarito come ci si trovi in un mercato non trasparente e sicuro va notato soprattutto nella stampa italiana un particolare: l’assenza di contradittorio, idee e punti di vista.
All’unisono i giornalisti italiani (pochi di essi sono economisti) seguono il gregge decantando le lodi di un sistema economico che ha superato il peggio. In base a queste “informazioni” non si riesce più a capire le reali dimensioni del problema, perché ogni passaggio è blindato da una frase magica: il peggio è passato. Ovviamente non è il parere motivato di chi scrive.
Quanto queste notizie siano devianti, resta al giudizio del lettore.
Però c’è un problema, come si fa a capire cosa accade per decidere le azioni sul mercato se la stampa di settore censura le notizie?
Vatti a fidare della stampa!
Serve un cambio culturale in base al quale il Direttore commerciale, non deve solo vendere ma studiare il mercato, chiedere e informarsi per offrire report mensili alla proprietà con dati e statistiche, al fine di tradurre le tendenze. Quindi un commerciale è troppo poco, se non accompagnato e spesso indirizzato da una figura di marketing. Non solo, ma la coppia commerciale-marketing deve anche scrivere e monitorare ogni 30 giorni, un piano di marketing in base al quale stabilire a 6,12,18 mesi le strategie.
Per quelle imprese che comprano pagine di pubblicità (spesso buttano via denaro) è opportuno che condizionino gli editori nel redigere dossier per studiare e capire. In pratica si dovrebbero comprano spazi solo se la testata è in grado d’assumere anche il ruolo di guida in quel settore, suggerendo argomenti e ottiche che l’editore deve perseguire; oggi non è così.
In effetti considerando in questi termini l’azienda, si può affermare come oggi sia più difficile “fare impresa”, rispetto anche solo 2 anni fa. La tendenza è “a peggiorare” per cui solo un serio lavoro imprenditoriale di equipe, può mettere al riparo da fallimento l’attività. Inoltre serve maggiore selezione tra quadri e dirigenti o nuove figure dotate d’esperienza, da porre in prima linea.
Ora il punto è un altro, dove si trovano queste persone? Buon lavoro.