Ristorazione in profonda crisi a rischio di radicale ristrutturazione e qui i nomi e quindi gli esempi di reazione al trend negativo.
In realtà non è la pandemia da polmonite cinese che ha segnato la fine della ristorazione, ma l’aver maturato diversi errori d’impostazione.
Chi sono i nomi di quelle imprese che stanno cercando di reagire, grazie alla voglia di spendere dei clienti?
La frase è ovviamente ironica.
La reazione alla crisi poggia sull’ingenuità sopratutto di giovani uomini e donne che spendono anziché cucinare.
Finché sarà presente sul mercato questo segmento di spreconi la ristorazione può ancora “galleggiare”.
Appena gente che spende 800/900 euro per solo un cellulare, inizia a calare, allora anche per la ristorazione, in ogni sua forma, non ci sarà più speranza.
La consegna a domicilio, che oggi appare come la “scialuppa di salvataggio” dell’intero comparto, può scomparire anch’essa appena non si tollererà più un sovrapprezzo del 15% sull’ordinazione.
Non si nasconde un’acidità di fondo verso un comparto che, in ogni caso cerca e vuole “spennare” il cliente come metodo e sistema.
Per quanto riguarda l’Italia, i principali nomi del settore nella consegna a domicilio che aprirono il mercato furono 7.
I nomi furono: Bacchette e Forchette, Clicca e Mangia, DeliveRex, FoodPlaza, JustEat, PizzaBo e Tastifood.
Il fatturato 2018 di questo settore è stato stimato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) in crescita del 69% rispetto all’anno precedente.
Oggi lo stesso mercato è ancora gestito da 7 imprese, ma va segnalata l’avvicendamento con altre società (di già)
Chi compone il mercato oggi, in Italia, sono Deliveroo, JustEat, Glovo, Uber Eats, Moovenda, Foodracers e Alfonsino.
Un ottavo componente, Foodora si è ritirato sia dall’Italia sia da altri mercati, il che indica una problematicità di fondo nella gestione.
Nel settore della consegna a domicilio vigono modelli di business profondamente diversi che rappresentano la base per il fallimento dell’attività, ovvero palesi errori di gestione.