Con questa crisi che si fa?
Con questa crisi ci sono alternative possibili? Una persona che mi legge abitualmente scrive: Ciao, Giovanni, ti stavo cercando e non sentendoti per un momento ho pensato: vuoi vedere che sta collaborando con Monti ed è tanto indaffarato? Lo sai che per quanto io faccia e mi impegni al meglio, l’economia che mi sta intorno “sta arrivando alla frutta” e quindi adesso viene il “brutto”?.
Qualche soddisfazione dalla scuola riesco ad averla, ma il mondo del lavoro mi sta facendo veramente paura. Faccio due part time con un gran dispendio d’energie (tutte quelle che ho) ma resto con la netta sensazione che fra poco mi ritrovo seduta per terra!!!
I campanelli li ho fatti suonare tutti quelli che conoscevo, ma se dall’altra parte ti risponde “un solo neurone”……mi sento proprio impotente…! Tu che fai?
Cara Patrizia non me ne volere se prendo spunto da quanto mi scrivi che trovo particolarmente condivisibile. M’impressiona la domanda che poni: adesso che facciamo?
La risposta, ammesso che si possa percorre la via del cercare soluzioni, non è affatto semplice. Si potrebbero offrire mille consigli, ma gira che rigira non ne usciamo fuori perché, secondo me, partiamo dal punto sbagliato.
La crisi non è economica o politica, ma penso sia dentro di noi. E’ inutile cercare intorno alla nostra vita quello che non va, quando in realtà si trova dentro il nostro modo di pensare, agire, giudicare (troppo) e fare (poco). Siamo malati di protagonismo conflittuale, che ci porta spesso a chiedere senza dare, sia nel privato che nel professionale. Ad esempio, i giovani sono disoccupati ma è anche vero che non studiano o lo fanno male.
Mi rendo anche conto che con queste parole si condannano e assolvono tutti allo stesso tempo. In realtà continuo ad essere inguaribilmente innamorato dell’Uomo (uoma, ovvero donna + uomo).
Andando al concreto, altrimenti non raggiungiamo un punto importante, vanno sottolineati alcuni passaggi pratici:
a) se la crisi “siamo noi” anziché quello che viviamo, allora va ripensato l’intero stile di vita in uso. Ad esempio: siamo ancora capaci di leggere e capire, di pensare anziché solo vivacchiare? Con il coniuge condividiamo solo le bollette da pagare e l’immondizia da buttare o sappiamo ancora appassionarci alla vita?
b) laddove la nostra esistenza privata e professionale fosse stata già adeguata, svecchiata e connessa nuovamente a dei valori di fondo (nel caso li avessimo smarriti serve organizzarsi) è possibile accedere “alla fase due” ovvero quella fuori di noi stessi, indirizzata verso gli altri. Cosa raccontiamo alla gente affinchè ci ascolti? Ecco che “l’altro” assume la capacità di permetterci il rinnovamento interno;
c) se questo ragionamento venisse tradotto in termini aziendali avremmo:
1) una revisione dei conti per assicurare una completa rivoluzione dello stesso concetto di costo abbattendo il prezzo d’impresa alzando la produttività;
2) l’utilizzo immediato di tutte quelle agevolazioni pubbliche che consento di poter godere di consulenza, scegliendosi il professionista, ma con finanziamenti a fondo perduto da parte della PA. Quindi e non ultimo, un massiccio piano di ricerca & sviluppo finanziato con il 90% delle tasse che si sarebbero dovute versare;
3) messi a posto i conti aziendali si può accedere, anche nel mondo delle imprese, alla “fase due”, che qui si chiama internazionalizzazione;
4) chi non si misura con l’estero è probabile che entri in una severa crisi che potrebbe far morire l’impresa;
5) per internazionalizzazione penso all’intero continente africano che mi pare abbandonato. Laddove il raggio operativo massimo del nostro export è di 7.000 km, più della Cina servirebbe rivalorizzare l’Africa.
Concludendo e rispondendo alla domanda: che si fa ora che la crisi peggiora?
Personalmente mi ritiro nel privato, esco e spendo meno, quindi leggo, guardo, studio e ragiono con più impegno, amo di più e mi offro alla relazione con gli altri per idee innovative, concetti e punti di vista. In pratica svecchio me stesso. Se la natura ha sicuramente 4 stagioni, credo ce ne serva una nuova, “fatta in casa”, per ringiovanire in un mondo dove è entrato in crisi un modo di fare che ha concluso il suo tempo. Servono uomini e donne nuove, capaci di esserlo dentro nell’anima e quindi (solo conseguentemente dopo) verso il lavoro. In definitiva l’azienda può cambiare se si aggiornano le persone che la vivono. Auguriamoci buona fortuna.