Psicopatologia della vita quotidiana
Psicopatologia della vita quotidiana è uno dei 2 più importanti testi di Freud. Pubblicato per la prima volta nel 1901, ne sono seguite diverse versioni fino al 1924. Oggi sto leggendo questo libro per la seconda volta. E’ un atto dovuto al prof. Freud. Sono cosciente di non aver degnamente apprezzato il libro in prima lettura. Traspare dalle parole un profondo senso di rispetto e onore alla figura del prof. Sigmund Freud.
Quindi è iniziata una seconda fase di studio sullo stesso testo. Il distacco tra la prima e la seconda lettura è di 7 anni. Ebbene, un disastro! Con tutta la dedizione “di figlio” che posso dedicare al prof Freud, trovo abissalmente noiosa la lettura e studio del testo. Un fatto del genere mi indigna e imbarazza profondamente. Nonostante ciò, la vita va avanti e mi sono fortemente impegnato a capire che cosa sta accadendo. Come oso essere annoiato di fronte al testo Psicopatologia della vita quotidiana?
Credo d’aver trovato la soluzione. Almeno fino al capitolo 6 su un totale di 12, l’autore descrive un’infinità di casi reali. Questa successione d’accadimenti è “infinita”. Tanto dettagliata e a volte complessa, quanto mai sintetizzata. Rispetto a un lato analitico “sterminato”, il prof. Freud sorvola e salta la sintesi della conclusione. Questo mi uccide. In realtà, ovviamente, ha ragione, il prof. Freud. La ricerca e lo studio è per singoli casi studiati uno ad uno. Io ignorante e frettoloso, voglio invece arrivare a un senso dei concetti espressi.
Tralasciando le conclusioni, l’autore lascia aperto il testo alle più interpretazioni che si possono alternare negli anni. Ecco la saggezza di Freud. NON CRISTALLIZZARE LA SINTESI DI FATTI OGGETTIVI, CHE SONO ACCADUTI. QUESTO PERCHE’ ALTRI RICERCATORI POTRANNO, NEGLI ANNI, TROVARE NUOVE VISUALI. Certo che se questo concetto fosse stato spiegato all’inizio sarebbe stato tutto più semplice!
Non è bastata neppure l’introduzione del prof. Cesare L. Musatti, che conosco come studente e non apprezzo. Un docente, benché universitario, non dovrebbe essere distaccato da noi comuni mortali. A Freud non possiamo non riconoscere il titolo di “essere superiore”. Forse l’apertura del testo alle future valutazioni è una sorpresa di Sigmund Freud. Un dono alle future generazioni di ricercatori. Grazie professore.