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Prima guerra mondiale: la Germania guglielmina. Le premesse

by Giovanni Carlini
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Studi sulla Prima guerra mondiale analizzandone le premesse: la Germania di Guglielmo 2°

Questi studi sulla Prima guerra mondiale nascono dal bisogno di ricordare e rendere onore ai caduti, feriti e comunque vittime di quel grande e terribile evento sociale, politico e militare che fu la Prima guerra mondiale per la storia dell’umanità.

Pagine 90-145: GUAI A TE PAESE CHE HAI UN RE RAGAZZINO questo è il titolo del terzo e il quarto capitolo del libro 1914 quando si dedica alla Germania guglielmina.

La riflessione si concentra ora sulla Germania, all’indomani del tragico allontanamento di Bismarck (marzo 1900) per sola gelosia da parte dell’Imperatore verso uno statista, che in effetti si muoveva secondo delle logiche sue e non concertate, anche per modestia degli interlocutori esistenti all’epoca. Il problema deriva dal cambio di vertice nella casa regnante nel 1888, tra Guglielmo 1°, che ha unificato la Prussia alla Germania, con Guglielmo 2°, nato nel 1859 e considerabile un incapace. Può uno stupido regnare? In effetti è quanto accaduto. L’autore non si esprime in termini così crudi, ma introduce a un giudizio molto severo verso il soggetto, quel kaiser che porterà la Germania alla prima guerra mondiale nel 1914, Guglielmo 2°.

Il primo passo di un Re stupido e sofferente di gelosie fu appunto, due anni dopo l’ascesa al trono, aver costretto Bismarck a cedere la funzione e ruolo a figure di mezza tacca e valore. Ecco una caratteristica dei deboli: circondarsi di figure mediocri, il che non dovrebbe essere a pensarci bene, ma in ambito di vertice avviene sempre così. Il mediocre vuole intorno a sé figure che non intacchino la sua modestia.

Scomparso Bismarck, ne avvengono di tutti i colori, come ad esempio quel telegramma di Guglielmo 2° del 1896 dove inneggia alla resistenza boera contro gli inglesi, prima che scoppiasse la guerra in quella regione, tranne poi pentirsene con la frase: ci siano espressi come amici della Gran Bretagna, comportandoci da nemici. Ormai però le rispettive opinioni pubbliche erano in fiamme! Qui si ribadisce il peso dell’isteria pubblica su classi di governo inadatte al ruolo. Gli stessi ministri degli esteri non viaggiavano mai per incontrarsi con gli altri statisti, delegando a lettere e ambasciatori. Salisbury e Landsdowne non avevano mai superato la Manica, pur essendo chiamati al Ministero degli Esteri. Sulla Germania guglielmina pesa anche una forma di governo monarchico centrica, che toglie autorità ai vertici di governo, contrando il tutto sul Re. Un regnante di cui gli stessi collaboratori affermano: conversare con lui significa doversi accontentare d’ascoltare.

C’è un altro importante passaggio su cui meditare. Il Re ragazzino, Guglielmo 2°, leggendo il libro di Alfred Thayer Mahan, contrammiraglio degli USA, dal titolo: Influenza del potere marittimo sulla storia, ne assorbì le idee. Nel pensiero innovativo che Mahan introdusse tra le diverse cancellerie dell’epoca, si chiese come una nazione potesse vincere su un’altra, distruggendone la flotta e strangolandone i commerci attraverso il blocco navale. Per contro, la flotta più debole poteva negare il confronto all’altra e rimanere una costante minaccia (concetto di fleet in being o anche, alternativamente detto del two power standard) impedendo a quella nemica di dividersi e operare al meglio contro il traffico mercantile.

Questo concetto ha fortemente influenzato il comportamento delle marine russa e giapponese, durante il conflitto intercorso tra loro nel 1904 e anche la flotta tedesca nella Prima guerra mondiale.

A pagina 131 l’autore scrive: provando a immaginare come sarebbero potute andare le cose se Annibale avesse attaccato via mare invece di passare per le Alpi, e soprattutto se Cartagine avesse potuto coprirlo e riapprovvigionarlo dal Mediterraneo. Il controllo sui mari, affermava Mahan, è un fattore storico essenziale, eppure fino a oggi non è stato analizzato e descritto in modo sistematico.

Fin qui nulla di particolare, ma la corsa agli armamenti, in ambito navale non solo fece naufragare definitivamente ogni prospettiva d’accordo con la Gran Bretagna che fu direttamente minacciata da questa iniziativa tedesca, ma sottrasse ingenti risorse all’esercito tedesco, predeterminandone la sconfitta nel corso della Prima guerra mondiale. Un concetto questo già accennato, ma meritorio di riflessione.

Chiamato a dare concretezza al sogno navale dell’Imperatore, fu l’ammiraglio Tirpitz che spinse per l’approvazione di 4 leggi navali tra il 1889, il 1900, 1908 e infine 1912 che comunque portarono la marina tedesca ad essere inferiore del 40% rispetto a quella britannica. I 3 presupposti di Tirpitz, ovvero:

  1. che la Gran Bretagna non si rendesse conto dell’iniziativa tedesca;
  2. che la Gran Bretagna non fosse in grado di reagire;
  3. che la Gran Bretagna non fosse capace di trovare alleanze al di fuori dell’accordo con la Germania;

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Paul Nash – Wire

si rivelarono tutti errati confermando un giudizio già espresso nelle note caratteristiche dell’ammiraglio (pagina 137) Ha portato a termine con risultati brillanti incarichi di responsabilità, ma allo stesso tempo ha dato prova di un approccio troppo unilaterale, dedicando tutte le sue energie al perseguimento di certi obiettivi anche a rischio di perdere di vista il senso complessivo del suo ruolo. Spesso i brillanti risultati di cui sopra sono stati conseguiti a scapito di altre considerazioni.

Su tutto quanto qui già espresso, manca un punto di riferimento fondamentale: il bisogno di tenuta sociale interna all’Impero germanico, posta in discussione sia dalla crescente presenza cattolica e socialista al parlamento e nel Paese, che anche da tendenze regionaliste nel sud del paese, che non avevano ancora accettato l’egemonia prussiana.

Per far fronte a questo grande problema, l’Imperatore e la cancelleria lanciarono una politica di “chiamata a raccolta” – Sammlunggspolitk – per unificare le forze nazionaliste e conservatrici su un principio unificatore, intorno all’orgoglio tedesco e alla sua missione civilizzatrice. Quest’accelerazione, per un nazionalismo ostile, incrementò il concetto di Impero, orgoglio, virilità della Nazione, bisogno della flotta oceanica, ricerca delle colonie come di un “cane che si morde la coda”. Il messaggio era anche diretto alla sempre più numerosa media borghesia (Mittlstand) che non voleva però la guerra, senza sapersi opporre o esserne cosciente.

L’autore scrive: Il sospetto che la Gran Bretagna potesse trovare una soluzione alternativa al suo isolamento non sfiorò neppure la mente dei tedeschi.

Per la prima volta nella storia entra nella terminologia comune il concetto di Weltpolitik ad opera di von Bulow per spiegare al Reichstag (il parlamento tedesco) una posizione dominante in ambito di politica mondiale e globale. L’autore scrive: Gli altri paesi devono prendere atto del miracolo tedesco e modificare di conseguenza il proprio atteggiamento. Nasce l’imperialismo tedesco ma si determinano così anche quegli elementi che miscelati tra loro renderanno possibile la Prima guerra mondiale.

Ovviamente il mondo culturale svolge il suo ruolo. L’autore scrive: In quegli anni, mentre il nuovo Kaiser e la Germania iniziavano a mostrare i muscoli, le lezioni di un anziano professore di storia dell’Università di Berlino attiravano centinai di uditori. Heinrich von Treitschke era uno dei padri intellettuali del nuovo nazionalismo tedesco, impaziente di acquisire alla Germania, l’ormai proverbiale “posto al sole”.

Contemporaneamente al bisogno d’Impero nasce però un intenso dibattito che rende onore alla Germania. L’autore scrive: La svalutazione dei prodotti agricoli e il ciclo economico negativo che andò dal 1873 al 1895 avevano convinto gli uomini politici e gli imprenditori tedeschi, come del resto i loro omologhi europei, dell’urgente necessità di potenziare le esportazioni e garantirsi sbocchi esclusivi sui mercati esteri. I critici dell’approccio imperialista avrebbero obiettato (e non esitarono a farlo) che spesso le colonie erano più costose da gestire e difendere di quanto non fossero redditizie, e che il flusso degli investimenti, degli scambi commerciali e dell’emigrazione privilegiava regioni del mondo che non erano affatto colonie, come gli Stati Uniti, la Russia, l’America Latina. Molti erano convinti, e in testa lo stesso Capirvi, che seguì a Bismarck nell’incarico, che gli sbocchi commerciali naturali della Germania fossero gli Stati dell’Europa Centrale. Però spesso accadde, il dogma resiste, ostinatamente, alla pressione della realtà. Von Bulow, che sostituì Caprivi alla guida della Germania, nell’ottobre del 1900, andò sempre più verso la convinzione che la Gran Bretagna rappresentava il principale ostacolo alla Weltpolitik.

Il capitolo termina con una nota personale: praticamente in Germania si concentrò una massa d’incompetenti intorno a un Imperatore immaturo. Senza queste premesse non sarebbe potuta scoppiare la Prima guerra mondiale che non va ascritta come responsabilità alla sola Germania ma al bisogno di un’era d’evolvere verso un nuovo stadio di civiltà. Il problema è che nessuno si rese conto che la Prima guerra mondiale sarebbe stato un conflitto completamente diverso dagli altri benché, in effetti, con il senno di poi, c’erano tutti gli elementi sotto gli occhi di ogni persona in grado di leggere, ma non adeguatamente commentati, capiti e discussi.[/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]

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