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Organizzazione: stili e modelli. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Organizzazione, stili e modelli. Studi di sociologia organizzativa.

Organizzazione vuol dire può essere più o meno efficiente. Dipende di chi la dirige e dai suoi stili. Un concetto del genere, si traduce immediatamente in produttività. Spiega anche come due realtà identiche, producano livelli di ricchezza diversi. Facciamo degli esempi tratti dall’esperienza. Certo resta il concetto che organizzazione significa ricchezza prodotta.


a) Per poter insegnare negli Stati Uniti i diversi Rettori mi chiedono, anno per anno, cosa ho pubblicato. Questo per rinnovare il contratto. Nel dettaglio devo esprimere degli studi che rappresentino “un originale punto di vista”. Non solo. Deve rappresentare un avanzamento nello stato della conoscenza della materia. Queste ricerche vengono quindi consegnate ai frequentanti, affinchè mi “conoscano” prima ancora che metta piede in aula. Solitamente nasce rispetto e ascolto.

In Italia nessuno chiede nulla, quindi l’insegnamento non è oggetto di rinnovo annuale. Chi insegnerà meglio e produrrà le idee più avanzate da condividere con gli studenti? In questo caso l’organizzazione e lo stile coincidono.


b) In Italia ho potuto osservare contemporaneamente 3 scuole pubbliche. In 2 casi ho trovato degli spunti interessanti. Nel primo il Preside è un uomo che ha il suo ufficio sulle scale. In questo modo è onnipresente tra gli studenti e insegnanti.  Ottimo esempio. Questo funzionario di Stato cura ogni minimo dettaglio di persona, senza soffocare l’iniziativa dei collaboratori. A volte, mentre i docenti insegnano, entra in classe e ascolta.

Nell’altra scuola, il Preside riceve su appuntamento i suoi docenti. Non è mai presente tra i piani e sulle scale. Ne consegue che gli studenti, che dovrebbero essere in aula sono invece al bivacco. Osservando la qualità umana dei ragazzi, non ci sono confronti tra i due istituti. Nel primo, in linea di massima, abbiamo delle “persone in gamba”.

Nella seconda scuola, soprattutto ai primi anni, la devianza comportamentale regna sovrana. L’istituzione è totalmente assente, lasciando gli insegnanti a se stessi. In pratica avvengono casi di lancio delle sedie contro il muro. Banchi scarabocchiati. Docenti minacciati. Porte che si sbattono e generalmente uno sfascio totale.

L’organizzazione è assente. Lo stile non lo citiamo neppure per pudore.


c) L’anno scorso in Brescia ho assunto il ruolo di Direttore Generale. Prima che chiunque entrasse in azienda al mattino, alle 7.30 ero già io sul posto. Tutti entrando dovettero prendere atto che io c’ero e li guardavo. Partito da Milano alle 4.30 del mattino per le 5.45 di ogni giorno ho ispezionato ogni locale. I bagni volevo trovarli puliti. I muri decenti e senza ragnatele. I vetri non sfondati. I fili non penzolanti. Che le maestranze lavorassero con luce adeguata, in sicurezza e chiamati per cognome.

Un giorno chiesi perché un carico di sabbia non fosse pesato come gli altri. La ditta trasportatrice era in parentela con la proprietà.  A quel punto il rapporto si guastò e me ne andai. Altri clienti erano già in attesa.

Conclusione

Le 3 testimonianze hanno un filo conduttore: la struttura organizzativa si modella a seconda di chi la dirige. I difetti, le patologie o i pregi del “boss”, si traducono in forza o debolezza dell’intero contesto. Quando qui detto responsabilizza i quadri e individua un punto focale senza il quale non c’è organizzazione: il capo. Come approfondimento è stato scritto un saggio dal titolo: “anche le organizzazioni si ammalano”. Nella ricerca si entra nel dettaglio, indicando anche quanto fatturato in meno subisce un’impresa mal condotta.

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