Home INDUSTRIA E AZIENDALEORGANIZZAZIONE AZIENDALECultura aziendale Morire è una vigliaccata! Oltre lo sconforto è meglio lottare.

Morire è una vigliaccata! Oltre lo sconforto è meglio lottare.

by Giovanni Carlini
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Morire spesso è segno di una debolezza fatale! Va evitata la morte annunciata

Morire

Morire e resa. Tempo fa ho assistito un imprenditore che, accusato e quindi arrestato e condannato, per falso in bilancio e bancarotta fraudolenta, ha pensato che suicidarsi fosse una soluzione.
Il ragionamento era il seguente: se mi hanno condannato a 5 anni, gli scarico sulla scrivania del giudice tutta la mia esistenza in anni da vivere e lo mando a quel paese!
In questo modo la morte è vendetta, grido di riscatto, riabilitazione e dignità, quel colpo finale e a sorpresa che riporta in vantaggio la vittima. In realtà si tratta d’inseguire un mito. Nello stesso film “Il gladiatore” il protagonista passa dal ruolo di generale a schiavo, per diventare imperatore anche se per pochi attimi. Si tratta di una parabola magica che vive dentro di noi dai tempi dell’adolescenza. La vita però comporta che da ragazzi si diventi adulti e le favole evolvano in progetti e decisioni.
Il romanticismo di una morte annunciata per ribaltare un ingiusto giudizio, fa parte del mondo dei sogni che non è apprezzato dai figli, dal coniuge, dagli amici, dai dipendenti.
Con questo spirito ho aiutato l’imprenditore condannato a cercare il riscatto nello studio (quando stava soffrendo in regime di carcerazione) quindi uscendo dalla costrizione, rivolgendosi verso un rinnovato rapporto d’amore e fedeltà al partner e una rivalutazione del rapporto con i figli.
Sono passati 10 anni da quest’esperienza, oggi, con lo stesso protagonista, c’è una nuova impresa nata dalle precedenti sofferenze che lotta con la maturità di chi sa soffrire.

Il senso di quanto narrato

Uno studio completo sul suicidio, che rappresenta ormai un classico è stato fatto da Emile Durkheim (1858-1917) padre della sociologia insieme a Max Weber (1858-1920)
Secondo Durkheim c’è un suicidio egoistico, che deriva dall’isolamento subito dall’individuo orfano del calore della comunità, quindi un suicidio anomico, che nasce dall’assenza di regole certe o di una fase della vita molto indecisa come nelle crisi economiche e infine un suicidio eroico o altruistico, che si configura quando una madre s’espone per salvare i figli.
L’incremento di suicidi per gli imprenditori, sviluppatosi nei primi mesi del 2012 è un incrocio tra l’egoistico e l’anomico, ma anche riconducibile a una generalizzata carenza caratteriale di questa generazione adulta e giovane.
In realtà nella nostra vita spesso urliamo anziché discutere e litigare in luogo di ragionare. Ne consegue che il tradimento nell’affettivo è diffuso, confondendosi con “il gioco” e le foto sono ormai un esercizio esibizionistico di gente che esiste se vista da altri. In un mondo così fragile e superficiale, il suicidio si conferma ancora come una fuga dalla realtà. In questo modo “la colpa” è doppia senza appello per chi fugge sia dalle responsabilità che dal suo risorgere. Oggettivamente Il fatto di cadere non è particolarmente drammatico (se visto in prospettiva nella vita) perchè fa parte degli eventi di una esistenza, il punto è un altro: si può “risorgere”? Ecco l’aspetto cruciale.

L’arma segreta

Come in un rapporto di coppia l’altra parte del cielo (le donne) sono dotate di un’arma segreta, che tale resta anche dopo quaranta o cinquant’anni di matrimonio, nei momenti peggiori della vita quando proprio tutto crolla intorno a noi, c’è un modo per reagire: studiare e leggere rinnovando lo spirito. Immergendosi in una intensa lettura, meglio se studio, ci si purifica per rinnovare l’anima, diventando veramente una persona nuova. Un percorso similare è quello che emerge da una rinnovata religiosità, che viene però in genere vista con sospetto, mentre una profonda azione di studio, meglio se indirizzata verso il conseguimento di una laurea, attesta un profondo rinnovamento. Si può affermare che chi studi sia una persona migliore? No. L’attinenza tra meditazione ed elevazione spirituale non è affatto automatica, ma spesso l’una è l’anticamera dell’altra. Suicidarsi o darsi fuoco, potrebbe anche significare che è meglio morire che soffrire allargando la capacità di capire studiando, perché se così fosse si ammetterebbero gli errori e si potrebbe lanciare una vita nuova. La conseguenza è che ogni problema ha una soluzione (lo dice Weber) ma la morte è il problema. L’Italia sta cercando eroi che siano ex evasori, ex falliti, ex imprenditori, ex impiegati, ex disoccupati, ex coniugi, ex tossici, ex superficiali, ex detenuti che sappiano tutti ricostruire una famiglia, un’impresa una nazione. Auguriamoci buon lavoro.

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