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Milgram Zimbardo e le forze situazionali. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Milgram Zimbardo rappresentano la testa di lancia di un pensiero di deresponsabilizzazione delle azioni dell’individuo a livello di responsabilità individuale in particolare per le azioni di violenza gratuita perché entrambi s’appellano alle forze situazionali. Detto in termini più diretti e semplici, non è tanto colpa della singola persona se uccide, sbrana, mettere gente nelle camere a gas, quando di quelle forze che hanno condotto l’individuo ad essere un criminale.

Milgram e Zimbardo descrivono l’essere umano come una marionetta nelle mani della situazione e di chi la sa gestire. Hanno ragione è vero. Prima di loro già altri ricercatori pervennero alle stesse conclusioni ma furono scartati dalla dottrina per questioni ideologiche tutelando la fiducia anziché la realistica sfiducia che si è successivamente e puntualmente confermata sia nel primo come nel secondo conflitto (i già citati ricercatori e scienziati sociali, Sighele, Le Bon e Tarde).

Philip Zimbardo afferma che:

  • i cattivi sistemi non possono che generare “cattive situazioni”. Qui il riferimento è alla catena di comando americana che avrebbe dovuto dirigere il carcere di Abu Ghraib a Baghdad nel 2004;
  • ma c’è un altro passaggio ancora più interessante qui riportato per citazione diretta: Le persone che diventano perpetratori di cattive azioni sono direttamente compatibili a quelle che diventano perpetratori d’azioni eroiche, in quanto sono soltanto persone comuni, nella media. La banalità del male ha molto in comune con la banalità dell’eroismo. (…) Non esistono speciali attributi interiori né della patologia né della bontà che risiedono nella psiche umana o nel genoma umano. (pagine 655-656 del libro “L’effetto Lucifero” – 2007).

Conclude questa serie di spunti di riflessioni quanto affermato dallo studioso Mark Levene nel 1999 per cui: antipatie etniche e culturali possono convivere senza condurre al massacro. Qui però interviene lo studioso francese Jacques Sémelin, 1951, vivente, storico e politologo per cui è vero che con l’antipatia ci si può convivere, ma esplodono sempre, grazie all’intervento di specifici capi militari quanto politici, che puntualmente li sfruttano per l’affermazione personale e politica.

L’antipatia razziale è come paglia vicino al fuoco, s’infiamma sempre! L’Italia è esattamente in questa situazione con 10 milioni d’immigrati clandestini a spasso per la Nazione.

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