Microeconomia al collasso, vuol dire che questa materia è costantemente soggetta a un progressivo sfrangiarsi di cui gli studenti non hanno il minimo sentore; che peccato e tristezza per il basso profilo del corpo docente.
I peggiori insegnanti di microeconomia fanno un ampio uso della matematica nello spiegare la materia.
E’ stato già qui scritto molte volte e confermato da ben 4 premi Nobel all’economia riconosciuti a psicologi comportamentali.
Questi peggiori insegnanti in realtà sono di matematica, senza cattedra e dovendo pur far qualcosa “traducono” l’economia in qualcosa che a loro è familiare restando estranei alla sensibilità degli studenti.
Non è finita.
L’insegnante di matematica, applicato/emigrato in economia, è solitamente avaro di spiegazioni. Tipicamente questo personaggio enuncia il significato, non lo spiega in termini concreti sintetizzando il tutto in quattro formule. Il risultato pratico è che lo studente si trova ad affrontare 2 esami in uno: quello teorico più uno pratico che spesso è estraneo al primo. Pessimo risultato educativo!
Entrando nel dettaglio, il consumo rappresenta la porzione di tempo più estesa della vita umana moderna. Prima era il procacciarsi di che consumare. Con l’era pre-moderna si è sostituita la caccia al cibo con il consumo.
Il consumo emerge da processi di scelta che non sono affatto lineari e chiari come la dottrina economica vuole affermare.
Non è finita.
Un’analisi economia limitata al solo “surplus” (in particolare quello del consumatore) perde di vista l’importanza del monopolio attualmente demonizzato dalle cattedre di microeconomia!
Una docenza monotematica appiattita sui temi della globalizzazione (epoca tra l’altro superata perchè siamo in post-globalizzazione a cui assegnare ancora un nome) non è capace d’illuminare gli studenti su un dibattito di convenienza tra mercato aperto-semi chiuso e chiuso, dazi e stop all’importazione come la realtà impone.
Nel pensiero attuale in microeconomia (quello insegnato) non s’ipotizza neppure che ci possa essere un rifiuto del bene prodotto. Il consumatore è solo una vittima condannato a cambiare il cellulare ogni anno e mezzo a 900 euro il pezzo.